giovedì 31 dicembre 2009

Il capitalismo è il cammino verso la distruzione del Pianeta

Secondo discorso di Hugo Chávez, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, in occasione della chiusura del vertice climatico tenutosi a Copenhagen, 18 dicembre 2009
Buona sera, la signora Presidente vi ha detto una grande verità, bisogna andare a pranzare.  Napoleone Bonaparte affermava che gli eserciti marciano sugli stomaci.
Ringrazio molto che ci è stata data la parola, al presidente Morales e al sottoscritto, noi l’avevamo sollecitata di buon’ora questa mattina, perché ci troviamo qui già da qualche giorno. 
Obama è arrivato, ha parlato e se ne è uscito dalla porta secondaria. Quella piccola porta, nascosta là in fondo, che si utilizza, immagino, per ragioni di servizio, per la logistica e i coordinamenti della presidenza, ed è per là che se ne è andato, per la porta di dietro. 
È l’impero, l’impero che arriva nel mezzo della notte, nell’oscurità, e alle spalle della maggioranza, in maniera antidemocratica, pretendono di propinarci un documento che noi non accettiamo ne’accetteremo, mai lo accetteremo ! 
[Applausi]

Ed io sono assolutamente sicuro che qui difendiamo la dignità, noi tutti, il governo anfitrione, la regina di Danimarca, che noi ringraziamo per la sua amabilità, per le sue attenzioni, a me è stato assegnato un autista molto scrupoloso, che si chiama Thomas, gli amici che ci hanno fornito la sicurezza, la signora dell’hôtel, i lavoratori dell’hôtel.
Ieri sera ci siamo riuniti in un ginnasio con migliaia di appartenenti ai movimenti sociali che hanno manifestato per le strade sotto la neve con i loro cartelli, i movimenti che lottano per la giustizia sociale, i partiti politici. Ci siamo riuniti qui a Copenhagen noi, compatrioti dell’America Latina, dei Caraibi, di tutti i paesi. Noi siamo stati molto contenti.
Ieri notte ci siamo sfidati alla corsa, benché Evo sia molto più giovane di me, ed io ho vinto ad una corsa di cento metri sulla neve, Evo ci dà dentro nella corsa.
Ora, sono sicuro che il governo anfitrione condivide i medesimi nostri criteri, che sono della maggioranza immensa, coloro che non li condividono sono coloro che se ne vanno per la porta posteriore, e così se ne esce l’impero da questo mondo, per la porta di dietro, se ne va per la porta posteriore in una maniera indegna.
Nel frattempo, qui siamo molto preoccupati perché apprendiamo che, fra le molte riunioni, ci sono state quelle fra un piccolo gruppo di paesi amici della Presidenza della Conferenza, noi non siamo dei nemici, vero ? Anche noi siamo amici di tutti, ma non ci hanno invitato a partecipare, per nulla, nemmeno siamo stati consultati per sentire la nostra opinione, e noi vogliamo fermamente ribadire che tutti i paesi sono uguali, e noi, i Presidenti, i capi di stato e di governo, siamo tutti allo stesso livello, qui non ci sono Presidenti di prima categoria e Presidenti di seconda, non esistono popoli di prima classe e popoli di seconda classe, tutti siamo uguali, e noi, qui, vogliamo mettere ben in chiaro questo.
[Applausi]

Credo che si sia trattato di un maneggio poco trasparente, per dirla in maniera elegante (voi lo sapete?), per tentare qui di far abortire una soluzione, che, come ha affermato Lula, solo un miracolo potrebbe salvare, e come per questo non ci aspettiamo un miracolo; noi dobbiamo partire, non parlo solamente a nome del Venezuela, sono stato autorizzato dai rappresentanti dei paesi dell’Alleanza Bolivariana, qui presenti, dei popoli della nostra America, vale a dire il governo e il popolo della Bolivia, il governo e il popolo di Cuba, il governo e il popolo dell’Equador, il governo e il popolo del Nicaragua, il governo e i popoli dei Caraibi, i paesi Dominica, Saint Vincent e Grenadine, Antigua e Barbuda e Venezuela, (noi dobbiamo partire)non crediate dalla porta posteriore, per dove se ne è andato Obama, e sta per arrivare un pezzo di carta segreto, top secret, e si pretende presentarlo al mondo come la soluzione.
Fin da adesso lo impugnamo, perché noi non conosciamo nessun tipo di documento. Stanno circolando per qui versioni e documenti poco trasparenti, per questo è necessario protestare.
Siamo sicuri che non si intenterà alcun tipo di frode, perché questa sarebbe una frode ai popoli del mondo.
Se qualche cosa deve instaurasi nel mondo, essere recuperata nel mondo, questa è la fiducia fra noi, è ora di finirla che alcuni si credano superiori a noi, gli indios del Sud, a noi, i neri africani indigeni, i popoli del Sud, noi siamo tutti uguali.
Ebbene, noi partiamo facendo registrare una protesta, siamo in presenza di una violazione delle procedure delle Nazioni Unite, no? 
Abbiamo avuto il timore che non ci fosse data la parola, ci era stato detto dal servizio di Segreteria che l’accesso alla parola non ci veniva garantito, e ci veniva spiegato nel seguito della mattinata che solo un gruppo di Presidenti potevano parlare, dei Capi di Stato molto degni, stavano su una lista che qualcuno aveva fatto, non si sa chi l’abbia fatta, no?
È per questo che noi ringraziamo molto la Presidente che ci ha concesso la parola, al Presidente Morales e a me. Sarebbe stato deplorevole se si fosse preteso mettere un veto durante questa riunione, non lo posso pensare, ne’ sospettarlo.
Il Protocollo di Kyoto, l’ha già detto Lula, non può essere dichiarato morto od estinto, come pretendono gli Stati Uniti, ed è a questo riguardo che Evo ha detto una grande verità : «Se Obama, il Premio Nobel della Guerra, ha detto persino (e qui alcuni sentono odor di zolfo, si sente lo zolfo, si continua a sentire lo zolfo in questo mondo) che è venuto qui per agire, ebbene, lo dimostri, signore, non se ne vada per la porta di dietro, faccia tutto il necessario perché gli Stati Uniti aderiscano al Protocollo di Kyoto, e noi andremo a rispettare Kyoto e a potenziare Kyoto, e a rispondere al mondo in maniera trasparente.»
[Applausi]

D’altra parte, tutti siamo d’accordo che le riduzioni delle emissioni di carbone per l’anno 2050 non debbano essere inferiori di un 80, 90 per cento, la maggioranza di noi concorda su questo.
Noi crediamo, signora Presidente, che Copenhagen non termina con oggi, per la dignità di questa gente, non vogliamo partire con l’amaro sapore della frustrazione.
No, noi desideriamo partire con il ricordo di un popolo gioioso, di un popolo che noi non conoscevamo, di una città, di un paese : la Danimarca.
Noi vogliamo portare Copenhagen nel cuore non come una frustrazione, ma come una speranza.
Ieri sera, ce lo dicevamo, Copenhagen non è finita oggi, Copenhagen ha aperto le porte perché noi continuiamo a condurre un grande dibattito mondiale sulla questione di come salvare il Pianeta, di come salvare la vita sul Pianeta.
Copenhagen non è una fine, Copenhagen è un principio, perché noi conseguiamo gli accordi che bisogna ottenere, ed Evo lo ha già detto, ottenere l’equilibrio della Madre Terra: la Pachamama.
Quello che dice Obama è veramente ridicolo, gli Stati Uniti che hanno la macchina per fabbricare i dollari, gli Stati Uniti che credo abbiano fornito 700 miliardi di dollari per salvare le banche, è con ragione che laggiù per le strade si sta denunciando che se il clima fosse stato una banca, l’avrebbero già salvato.
Ed ora viene qui a dire che intende mettere a disposizione 10 miliardi di dollari l’anno, un cifra irrisoria.
È un pò una presa in giro, il modo con cui si è espresso il Presidente degli Stati Uniti: la spesa militare degli Stati Uniti, ebbene!, si aggira sui 700 miliardi di dollari l’anno.
Solamente diminuendo almeno della metà la spesa militare vi riuscirebbero (a salvare il clima), gli Stati Uniti, che sono i responsabili più grandi delle emissioni, che sono i più grandi inquinatori, ed è, l’impero yankee, il grande colpevole per avere imposto a colpi di invasioni, guerre e minacce, assassini, e persino con il genocidio, il capitalismo a questo mondo, gli Stati Uniti e i loro alleati, eccoli i grandi colpevoli, dovrebbero farsene carico con dignità, in verità sappiamo che non vuole farsene carico questo governo degli Stati Uniti, perché non è niente di più che la continuazione del governo precedente, Obama rimarrà nella storia come una delle più grandi frustrazioni per molte persone che hanno creduto in lui, negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, ma qui lo sta dimostrando, un grande fallimento. 
Ma quello che importa, quello che importa, la cosa più importante è che i popoli del mondo e i governi degni del mondo, la grande maggioranza, noi ci mettiamo d’accordo e diamo impulso a soluzioni veritiere. 
Noi non veniamo qui per domandare l’elemosina, noi veniamo in condizioni di parità per portare modestamente idee per trovare delle soluzioni, che nessuno lo dimentichi, che nessuno lo dimentichi, la colpa è del capitalismo, e bisogna aggredire le cause.
Dal Venezuela noi lo affermiamo con modestia, l’unica maniera per ottenere l’equilibrio delle società, di salvare la vita, di conseguire livelli superiori di vita, per elevare l’essere umano a condizioni degne di esistenza, è attraverso il socialismo, questa è una discussione eminentemente politica, eminentemente morale, eminentemente necessaria, assolutamente necessaria; il capitalismo è il cammino verso la distruzione del Pianeta.  
Signora Presidente, noi vogliamo che sia chiaro, noi partiamo, non possiamo sperare troppo, noi ce ne andiamo, però i paesi dell’ALBA fanno chiaramente comprendere che noi contestiamo fin da ora qualsiasi documento che Obama abbia passato sotto la porta, o che sia spuntato dal nulla, come ieri hanno detto alcuni di voi, cercando di presentare questo come una soluzione salvifica.
Non esistono soluzioni salvifiche, semplicemente noi partiamo consapevoli che un accordo non è stato possibile qui a  Copenhagen, e non è stato possibile per quello che ieri abbiamo denunciato: la mancanza di volontà politica dei paesi più sviluppati della Terra, a partire dagli Stati Uniti, e questa è una vera vergogna, e l’egoismo dei più responsabili, soprattutto per i modelli irrazionali di produzione e di consumo del loro capitalismo ipersviluppato.  
Fidel Castro ha scritto (e con questo termino per non interrompere il pranzo, la foto e le prossime sessioni) ieri sera una riflessione su questa riunione con la speranza che siano prese delle decisioni per salvare l’umanità, e parlava di una ingloriosa conclusione, di una chiusura senza gloria.
Sono d’accordo, sarà una conclusione senza gloria, però lo stesso voglio esprimere, signora Presidente, in onore di tutti coloro che hanno partecipato, che sono stati ascoltati, qui ci sono persone che non hanno dormito non si sa da quanti giorni, un riconoscimento speciale per voi, i negoziatori, i ministri, i delegati, i capi delegazione, gli esperti, quanti hanno lavorato, bisogna dare un riconoscimento a tutti…
[Applausi]

E confidiamo nel fatto che l’intenso lavoro di voi tutti non vada a perdersi, questo è un contributo.
Noi ce ne andiamo più consapevoli del problema e più impegnati a formare una coscienza presso i nostri popoli sui problemi climatici e sul tema dello squilibrio ambientale. 
Allora, come ha detto Fidel, siamo arrivati ad una conclusione senza gloria, non voglio dire che questo avverrà con dispiacere, no, non si tratta di una penosa conclusione quella che avverrà questa sera, si tratta di una conclusione che lascia allo stesso tempo la porta aperta  a speranze, alla speranza per cui noi dobbiamo riuscire ad assumere decisioni per salvare l’umanità, e noi riusciremo solo lasciando da parte gli interessi egoistici, questo soprattutto da parte dei paesi più sviluppati.
Desidero porgere omaggio a Copenhagen e al suo spirito, al suo popolo e ai popoli del mondo e ci impegneremo per la vita, ci impegneremo per il futuro.
Una ingloriosa conclusione, ma anche una buona conclusione ricca di speranze, così porteremo Copenhagen nel nostro cuore.
Signora Presidente, molte grazie. Signore e signori, buona sera.
[Applausi] 


mercoledì 30 dicembre 2009

Auguri degli Invisibili



appello

AGILE -- ex EUTELIA

COME LICENZIARE 9000 PERSONE SENZA CHE NESSUNO SE NE ACCORGA !!!

E' iniziato il licenziamento dei primi 1200 lavoratori di OLIVETTI-GETRONICS-BULL-UTELIA-OICOM-EDISONTEL. TUTTI CONFLUITI IN AGILE s.r.l. ora Gruppo Omega Agile ex Eutelia è stata consegnata a professionisti del FALLIMENTO.

Agile ex Eutelia è stata svuotata di ogni bene mobile ed immobile.

Agile ex Eutelia è stata condotta con maestria alla perdita di commesse e clienti.

Il gruppo Omega continua la sua opera di killer di aziende in crisi , l'ultima è Phonemedia 6600 dipendenti che subirà a breve la stessa sorte.

Siamo una realtà di quasi 10.000 dipendenti e considerando che ognuno di noi ha una famiglia, le persone coinvolte sono circa 40.000 eppure nessuno parla di noi.

Abbiamo bisogno di visibilità mediatica, malgrado le nostre manifestazioni nelle maggiori città italiane (Roma - Siena - Milano - Torino - Ivrea - Bari - Napoli - Arezzo) e che alcuni di noi sono saliti sui TETTI, altri si sono INCATENATI a Roma in piazza Barberini, nessun Giornale a tiratura NAZIONALE si è occupato di noi. Ad eccezione dei TG REGIONALI e GIORNALI LOCALI NON siamo mai stati nominati in nessun TELEGIORNALE NAZIONALE perchè la parola d'ordine è che se non siamo visibili all'opinione pubblica il PROBLEMA NON ESISTE.

Dal 4-Novembre-2009 le nostre principali sedi sono PRESIDIATE con assemblee permanenti

Se sei solidale con noi INOLTRA QUESTO DOCUMENTO ad almeno 10 amici nei prossimi 30 minuti, non ti costa nulla, ma avrai il ringraziamento di tutti i lavoratori e le Lavoratrici di Agile ex Eutelia che da mesi sono senza stipendio. Altrimenti questa azienda morirà.


Le Lavoratrici e i Lavoratori di Agile s.r.l. -- ex Eutelia

GRAZIE
http://www.facebook.com/group.php?gid=43115119914&v=info#/group.php?v=wall&gid=43115119914

lunedì 28 dicembre 2009

Solo tra i fantasmi: 2666 di Roberto Bolaño

di Marcela VALDES. Tradotto da Manuela Vittorelli, Tlaxcala


Originale: Alone Among the Ghosts: Roberto Bolano's '2666


traduzione di  Ilide Carmignani
2009 , pp.  963
€ 22,00


La parte dell'autore
Poco prima di morire per insufficienza epatica nel luglio del 2003, Roberto Bolaño disse che avrebbe preferito il mestiere del detective a quello dello scrittore. Aveva 50 anni, ed era già ampiamente considerato il più importante romanziere latinoamericano dopo Gabriel García Márquez. Ma nell'intervista pubblicata dall'edizione messicana di “Playboy” Bolaño fu esplicito. “Mi sarebbe piaciuto essere un investigatore della omicidi, molto più che uno scrittore” disse alla rivista. “Di questo sono assolutamente sicuro. Una serie di omicidi. Qualcuno che possa tornare, nottetempo, sulla scena del delitto, e non avere paura dei fantasmi.”
I polizieschi e le uscite provocatorie erano due passioni di Bolaño – una volta definì James Ellroy uno dei migliori scrittori viventi in lingua inglese – ma il suo interesse per le storie di piedipiatti non si limitava esclusivamente alla trama e allo stile. I racconti polizieschi sono essenzialmente indagini sui moventi e i meccanismi della violenza, e Bolaño – che era andato a vivere in Messico nel 1968, l'anno del massacro di Tlatelolco, ed era finito in carcere durante il golpe militare del 1973 nel suo paese, il Cile – era ossessionato anche da questo. Il grande tema della sua opera è il rapporto tra arte e infamia, mestiere e crimine, scrittore e Stato totalitario.
Di fatto, tutti i suoi romanzi della maturità esaminano la reazione degli scrittori ai regimi repressivi. Stella distante (1996) si misura con gli squadroni della morte e i desaparecidos in Cile creando la figura di un poeta trasformatosi in serial killer. I detective selvaggi (1998) esalta una banda di giovani poeti che tenzonano contro gli scrittori finanziati dallo Stato durante gli anni delle guerre sporche del Messico. Amuleto (1999) ruota attorno a una poetessa di mezza età che sopravvive all'irruzione delle forze governative nell'Università Autonoma del Messico nascondendosi nei bagni. Notturno cileno (2000) ritrae un salotto letterario in cui gli scrittori fanno festa mentre nella stessa casa vengono torturati i dissidenti. E 2666, l'ultimo romanzo postumo di Bolaño, si ispira anch'esso a un fatto di cronaca agghiacciante: l'uccisione, a partire dal 1993, di più di 430 donne e ragazze nello Stato messicano di Chihuahua, precisamente a Ciudad Juárez.
Spesso le vittime scompaiono mentre vanno a scuola o tornano a casa dal lavoro o quando escono per andare a ballare con le amiche. Giorni o mesi dopo rispuntano i loro corpi – gettati in una fossa, nel deserto o in una discarica cittadina. Le maggioranza delle vittime è morta per strangolamento; alcune sono state accoltellate o carbonizzate o uccise con armi da fuoco. Un terzo mostra segni di stupro. Alcune recano segni di tortura. Le più anziane sono trentenni; le più giovani sono bambine delle elementari. A gennaio di quest'anno sono state uccise almeno quattro donne e ragazze. A partire dal 2002 questi omicidi hanno ispirato un film hollywoodiano (Bordertown, con Jennifer Lopez), diversi libri di saggistica, una serie di documentari e moltissime manifestazioni in Messico e all'estero. Secondo Amnesty International, più della metà dei cosiddetti “femminicidi” non ha portato a una condanna.
Bolaño era stato affascinato da questi casi irrisolti molto prima che gli omicidi diventassero una cause célèbre. Nel 1995 scrisse dalla Spagna una lettera a una vecchia amica di Città del Messico, l'artista visiva Carla Rippey (la bella Catalina O'Hara dei Detective selvaggi), alludendo al fatto che da anni lavorava a un romanzo intitolato “I dolori di un vero poliziotto”. Benché avesse altri manoscritti da sottoporre agli editori, questo libro, scrisse Bolaño, “è IL MIO ROMANZO”. Ambientato nel Nord del Messico, in una città chiamata Santa Teresa, il romanzo ruotava attorno a un professore di letteratura con una figlia quattordicenne. Il manoscritto aveva già superato le “ottocentomila pagine”, si vantava; era “un groviglio delirante che sicuramente non verrà capito da nessuno”.
<i>The Gardens of Ciudad Juárez</i>, 2006 Carla Rippey  
Carla Rippey
I giardini di Ciudad Juárez, 2006


Certo così pareva allora. Quando spedì questa lettera Bolaño aveva 43 anni, ed era più che mai vicino al fallimento. Pur avendo pubblicato due libri di poesia, scritto un romanzo a quattro mani e passato cinque anni a partecipare con i suoi racconti ai concorsi letterari spagnoli, era così al verde da non potersi neanche permettere una linea telefonica e la sua opera era praticamente sconosciuta. Tre anni prima si era separato dalla moglie; più o meno in quel periodo gli era stata diagnosticata la malattia epatica che lo avrebbe ucciso otto anni dopo. Benché Bolaño vincesse molti dei concorsi ai quali partecipava, i suoi romanzi venivano regolarmente respinti dagli editori. Ma alla fine del 1995 ebbe inizio la sua straordinaria ascesa.
Il punto di svolta fu un incontro con Jorge Herralde, fondatore e direttore di Editorial Anagrama. Herralde non riuscì ad accaparrarsi la Letteratura nazista in America – i cui diritti erano già stati acquistati da Seix Barral – ma invitò Bolaño a fargli visita a Barcellona. Lì Bolaño gli parlò dei suoi problemi finanziari e della disperazione per le molte lettere di rifiuto ricevute. “Gli dissi che [...] mi sarebbe piaciuto molto leggere i suoi altri manoscritti, e subito dopo mi portò Stella distante (scoprii in seguito che era stato anch'esso respinto da altre case editrici, compresa Seix Barral)” ricorda l'editore in un saggio. Herralde trovò il libro straordinario. Da allora pubblicò tutte le opere narrative di Bolaño: nove libri in sette anni.
A quei tempi, mentre i suoi romanzi conquistavano un numero sempre maggiore di lettori, Bolaño faticava sul suo groviglio delirante. Era un lavoro di scrittura, certo, ma anche di indagine. Ambientando il suo romanzo a Santa Teresa, una città immaginaria nel Sonora, invece che nella vera Ciudad Juárez, Bolaño poté sfumare la linea di confine tra ciò che sapeva e ciò che inventava. Ma lo preoccupava profondamente riuscire a comprendere le circostanze in cui si trovavano Juárez e i suoi abitanti. Bolaño conosceva già l'arido e desolato paesaggio della regione – aveva viaggiato nel Nord del Messico durante gli anni Settanta – ma i femminicidi erano cominciati solo sedici anni dopo la sua partenza per l'Europa, e non aveva mai visitato Juárez. Poiché non conosceva nessuno in quella città, si limitava a ciò che riusciva a trovare sui giornali e in rete. Grazie a queste fonti dovette capire che Juárez era diventata il luogo perfetto in cui commettere un crimine.
Già abbeveratoio degli americani durante il Proibizionismo, Juárez prosperò rapidamente negli anni Novanta, dopo l'entrata in vigore del NAFTA. Spuntarono centinaia di impianti di assemblaggio, che attirarono centinaia di migliaia di poveri provenienti da tutto il Messico e disposti ad accettare lavori pagati talvolta solo 50 centesimi l'ora. Le stesse caratteristiche che avevano reso Juárez appetibile agli occhi degli industriali del NAFTA – buone vie di comunicazione, vicinanza di un esteso mercato dei beni, abbondanza di manodopera non organizzata – la resero un crocevia ideale del narcotraffico. Nel 1996 per la città passavano 42 milioni di persone e 17 milioni di veicoli all'anno, rendendola uno dei più trafficati punti di transito della frontiera tra Stati Uniti e Messico e luogo ideale per gli sconfinamenti illegali. La città si trasformò in un crocevia di commerci lucrosi e illeciti; in quel momento cominciarono a spuntare i cadaveri di ragazze appartenenti a famiglie povere e operaie.
Juárez e la sua controparte immaginaria non avevano molto in comune con i centri culturali in cui Bolaño aveva ambientato la maggior parte dei suoi romanzi: perfino Stella distante si svolge nella maggiore città universitaria del Cile meridionale. Tra le baraccopoli di Santa Teresa non ci sono laboratori di scrittura né bande di poeti ribelli. Come tutta la narrativa di Bolaño, anche 2666 è pieno di scrittori, artisti e intellettuali, ma questi personaggi vengono tutti da altri luoghi: dall'Europa, il Sud America, gli Stati Uniti e Città del Messico. Intrappolata nei calanchi del Messico settentrionale, la stessa regione in cui Cormac McCarthy fa scatenare la sua banda di allegri assassini in Meridiano di sangue, Santa Teresa è un luogo letteralmente e culturalmente arido.
Il legame tra questo deserto industriale e le ambientazioni dei precedenti romanzi di Bolaño spicca, come una lettera scarlatta, sulla copertina del libro. La diabolica data 2666 – che non appare mai nelle pagine di 2666 – ci porta a scavare in Amuleto, dove spunta negli incubi lucidi di una donna chiamata Auxilio Lacouture. Auxilio è assediata da visioni infernali fin dalle prime pagine del romanzo, quando getta uno sguardo in un vaso di fiori e vede “tutto quello che la gente ha perduto, tutto quello che genera dolore e che è meglio dimenticare”.
In seguito, mentre cammina per le strade di Città del Messico, ha un'altra brutta allucinazione. È notte fonda. Le strade sono vuote e ventose. A quell'ora, dice Auxilio, l'avenida Reforma “si trasforma in un tubo trasparente, in un polmone di forma cuneiforme nel quale passano le esalazioni immaginarie della città” e l'avenida Guerrero “somiglia sopra ogni altra cosa a un cimitero […] un cimitero del 2666, un cimitero dimenticato sotto una palpebra morta o mai nata, le acquosità prive di passione di un occhio che volendo dimenticare qualcosa ha finito per dimenticare tutto”.
2666, come tutta l'opera di Bolaño, è un cimitero. Nel 1998, nel suo discorso di accettazione del Premio Rómulo Gallego, Bolaño rivelò che tutto ciò che aveva scritto era in un certo senso “una lettera d'amore o d'addio” ai giovani che erano morti nelle guerre sporche dell'America Latina. I suoi romanzi precedenti commemoravano i morti degli anni Sessanta e Settanta. Le sue ambizioni per 2666 erano più grandi: scrivere un referto d'autopsia per i morti del passato, del presente e del futuro.


La storia ci chiama all’unità e alla lotta

Discorso di  Hugo Chavez a Copenhagen, 16 dicembre 2009. Tradotto da Curzio Bettio, Tlaxcala




Signor Presidente, signori, signore, eccellenze, amiche ed amici, prometto che non desidero parlare più di quanto sia già stato fatto questo pomeriggio, ma permettetemi un commento iniziale che avrei voluto facesse parte del punto precedente discusso dalle delegazioni del Brasile, Cina, India e Bolivia; noi chiedevamo la parola, però non ci è stato possibile prenderla. 
Ha parlato la rappresentante della Bolivia, e a questo proposito porgo il mio saluto al compagno Presidente Evo Morales, qui presente, Presidente della Repubblica di Bolivia.
 [Applausi].
Fra le altre cose, la rappresentante ha detto quel che segue, ne ho preso nota: il testo presentato non è democratico, non è inclusivo. Ero appena arrivato e ci stavamo sedendo, quando abbiamo sentito la Presidentessa della sessione precedente, la Ministra, affermare che era in arrivo da queste parti un documento, che però nessuno conosce, io ho chiesto il documento, ancora non l’abbiamo, credo che nessuno sappia nulla di questo documento top secret.
Certo, la collega boliviana l’ha detto, non è democratico, non è rappresentativo, ma signore e signori:
Forse che non è precisamente questa la realtà di questo mondo?
Siamo forse in un mondo democratico? Per caso, il sistema mondiale è inclusivo?
Possiamo aspettarci qualcosa di democratico, di rappresentativo dal sistema mondiale attuale?
Quella che stiamo vivendo su questo pianeta è una dittatura imperiale, e da qui continuiamo a denunciarla: “Abbasso la dittatura imperiale! E che su questo pianeta vivano i popoli, la democrazia e l’uguaglianza!”
 [Applausi].
E questo che vediamo qui è il riflesso di ciò: esclusione.
Esiste un gruppo di paesi che si credono superiori a noi del sud, a noi del terzo mondo, a noi sottosviluppati, o come dice il grande amico Eduardo Galeano: noi, i paesi sopraffatti come da un treno che ci ha travolto nella storia.
Quindi non ci dobbiamo stupire per questo, non ci stupiamo, non c’è democrazia al mondo e qui, una volta ancora, ci troviamo di fronte ad una poderosa evidenza della dittatura imperiale mondiale.
Poco fa, sono saliti due giovani, per fortuna i tutori dell’ordine sono stati decenti, da qualche parte alcuni spintoni, però loro hanno collaborato, no?! Qui fuori c’è molta gente, sapete? Certamente, non possono entrare in questa sala, sono in troppi; ho letto sulla stampa che ci sono stati alcuni arresti, alcune proteste intense, qui per le strade di Copenhagen, e desidero salutare tutta questa gente che se ne sta fuori, la maggior parte costituita da giovani.
[Applausi].
Sicuramente sono giovani preoccupati, credo a ragione, molto più di noi per il futuro del mondo; noi abbiamo, la maggior parte di noi che siamo qui, già il sole alle nostre spalle, loro hanno il sole in fronte e sono davvero preoccupati. 
Qualcuno potrebbe dire, signor Presidente, che un fantasma si aggira per Copenhagen, parafrasando Carlo Marx, il grande Carlo Marx,  un fantasma si aggira per le strade di Copenhagen, e credo che questo fantasma vaghi in silenzio per questa sala, qui vaga, fra di noi, si introduce attraverso i corridoi, esce dal basso, sale, questo fantasma è un fantasma spaventoso, che quasi nessuno vuole nominare: il capitalismo è questo fantasma che nessuno vuole nominare.
[Applausi].
È il capitalismo, qui ruggiscono i popoli, là fuori così si fanno sentire.
Stavo leggendo alcune proposizioni scritte per le strade, e penso che queste frasi siano di questi giovani, alcune di queste le ho sentite quando sono venuti qui il giovane e la giovane, e ho preso nota di queste. Fra le altre, ci sono due poderose indicazioni.
La prima: “Non si cambia il clima, si cambia il sistema!”
[Applausi].
Ed io la acquisisco come nostra.
Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema! E di conseguenza cominceremo a salvare il pianeta. Il capitalismo, il modello di sviluppo distruttivo sta mettendo fine alla vita, minaccia di distruggere in via definitiva la specie umana.
E la seconda (proposizione) invita alla riflessione. Molto a tono con la crisi bancaria che ha percorso il mondo e continua a colpirlo, e con il modo con cui i paesi del nord ricco hanno soccorso i banchieri e i grandi gruppi bancari; degli Stati Uniti, addirittura, si è persa la cifra, tanto è astronomica, per salvare le banche.
Dicono questo per le strade: “Se il clima fosse una banca, già l’avrebbero salvato!”
 [Applausi].
E credo che questa sia una verità. Se il clima fosse una banca capitalista fra le più grandi, i governi ricchi l’avrebbero già salvato i governi ricchi.
Credo che Obama non sia arrivato, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace quasi nel medesimo giorno in cui mandava altri 30.000 soldati ad ammazzare innocenti in Afghanistan, ed ora viene a presentarsi qui con il Premio Nobel per la Pace, il Presidente degli Stati Uniti!
Però, gli Stati Uniti possiedono la macchinetta per produrre banconote, per produrre dollari, e hanno salvato, mah sì, credono di avere salvato le banche e il sistema capitalista.
Bene, lasciando da parte questo commento, che io desidererei riprendere più in là, stavamo alzando la mano per stare al fianco del Brasile, dell’India, della Bolivia e della Cina  nella loro interessante posizione, che il Venezuela e i paesi dell’Alleanza Bolivariana condividono con fermezza; però, non ci è stato concesso di parlare, per cui, Presidente, non mi conteggi questi minuti, la prego. 
[Applausi].
Prestate attenzione, di là ho conosciuto, ho avuto il piacere di conoscere questo scrittore francese Hervé Kempf, è qui in giro, di cui raccomando questo libro, lo raccomando, nell’edizione spagnola, ma anche in francese e sicuramente in inglese, “Come i ricchi distruggono il pianeta”. Hervé Kempf: “Come i ricchi distruggono il pianeta”. Per questo avvenne che Cristo disse: “Sarà più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questo lo ha detto Cristo, nostro Signore.
[Applausi].
I ricchi stanno distruggendo il pianeta.
Forse pensano di andarsene in un altro quando hanno distrutto questo?
Preparano dei piani per andarsene in un altro pianeta?
Fino ad ora non ne vediamo nessuno all’orizzonte della galassia.
Appena mi è arrivato questo libro, me lo ha regalato Ignacio Ramonet che è anche presente in sala, leggo questa frase seguente di Kempf alla fine dell’introduzione, una frase decisamente importante: “ Non potremo ridurre il consumo materiale a livello globale se non faremo in modo che i potenti scendano di diversi gradini e se non combatteremo le disuguaglianze. È necessario che al principio ecologista tanto utile al momento di assumere consapevolezza, di pensare globalmente ed agire localmente, noi potremo unire il principio che la situazione impone: consumare meno e ripartire meglio.” Credo che questo sia un buon consiglio che noi dobbiamo accettare da questo scrittore francese, Hervé Kempf.
[Applausi].
Bene, signor Presidente, il cambiamento climatico è senza dubbio il problema ambientale più devastante di questo secolo, inondazioni, siccità, pesanti tormente, uragani, disgeli, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e ondate di calore, tutto questo acutizza l’impatto delle crisi globali che ci stanno mettendo alla frusta. L’odierna attività umana supera le soglie della sostenibilità, mettendo in pericolo la vita nel pianeta, ma anche in questo siamo profondamente disuguali.
Voglio ricordarlo: i 500 milioni di persone più ricche, 500 milioni, vale a dire il sette per cento, il sette per cento, “seven” per cento della popolazione mondiale. Questo sette per cento è responsabile, queste cinquecento milioni di persone più ricche sono responsabili del cinquanta per cento delle emissioni inquinanti, mentre il 50 per cento più povero è responsabile solo del sette per cento delle emissioni inquinanti.
Su questo viene attirata la mia attenzione, mi sembra un po’ strano mettere qui sullo stesso piano gli  Stati Uniti e la Cina. Gli Stati Uniti arrivano forse ai 300 milioni di abitanti. La Cina ha una popolazione quasi 5 volte più grande di quella degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti consumano più di 20 milioni di barili di petrolio al giorno, la Cina arriva appena ai 5,6 milioni di barili al giorno, non è possibile chiedere le medesime cose agli Stati Uniti e alla Cina. Ce ne sono argomenti da discutere, magari potessimo noi Capi di Stato e di Governo sederci a discutere davvero, davvero di questi argomenti.
Dunque, signor Presidente, il 60 per cento degli ecosistemi del pianeta risultano danneggiati e il 20 per cento della crosta terrestre è degradata; siamo stati testimoni impassibili della deforestazione, della conversione di terre, della desertificazione e delle alterazioni dei sistemi di acqua dolce, del supersfruttamento delle risorse marine, della contaminazione e della perdita della diversità biologica.
Lo sfruttamento esacerbato della terra supera del 30 per cento la sua capacità di rigenerarsi.
Il pianeta sta perdendo ciò che i tecnici chiamano la capacità di autoregolazione, questo sta perdendo il Pianeta, ogni giorno si mettono in circolazione più rifiuti di quanti possano essere smaltiti. La sopravvivenza della nostra specie martella la coscienza dell’umanità.
Nonostante l’urgenza, sono trascorsi due anni di negoziazioni per concludere un secondo periodo di impegni previsti dal Protocollo di Kyoto, e ci presentiamo a questo appuntamento senza un accordo reale e significativo.
E per certo, con riferimento al testo che viene dal nulla, come alcuni, il rappresentante cinese, lo hanno qualificato, il Venezuela lo dice, e noi paesi dell’ALBA, dell’Alleanza Bolivariana, lo affermiamo, e già lo abbiamo affermato, che non accettiamo nessun altro testo che non derivi dai gruppi di lavoro del Protocollo di Kyoto e della Convenzione; sono questi i testi legittimi su cui si sta discutendo con tanta intensità in questi anni.
[Applausi].
E in queste ultime ore, credo che voi non abbiate dormito, oltre a non aver pranzato, non avete dormito. Non mi sembra logico che spunti ora un testo dal nulla, come dite voi. L'obiettivo scientificamente sostenuto di ridurre le emissioni di gas inquinanti e conseguire un accordo trasparente di cooperazione a lunga scadenza, oggi in questo momento, sembra si sia sfasciato, almeno per ora.
Qual è il motivo? Non abbiamo dubbi.
Il motivo è l'atteggiamento irresponsabile e la mancanza di volontà politica delle nazioni più potenti del pianeta; nessuno si senta offeso, faccio riferimento al grande José Gervasio Antigas, quando affermava: “Con la verità non offendo, ne’ temo”. Però, in verità, si tratta di un atteggiamento irresponsabile di passi in avanti, di retromarce, di esclusione, di maneggi di elite, rispetto ad un problema che è di tutti e che possiamo risolvere solo tutti insieme.    
Il conservatorismo politico e l’egoismo dei grandi consumatori, dei paesi più ricchi denotano una grande insensibilità e la mancanza di solidarietà con i più poveri, con gli affamati, con coloro che sono più soggetti alle malattie, ai disastri naturali, signor Presidente, è indispensabile un nuovo ed unico accordo applicabile a parti assolutamente disuguali, per le dimensioni dei suoi contributi e le capacità economiche, finanziarie e tecnologiche, e che si basi sul rispetto illimitato dei principi contenuti nella Convenzione.
I paesi sviluppati dovrebbero stabilire dei compromessi vincolanti, chiari e concreti per la diminuzione sostanziale delle loro emissioni e farsi carico di obblighi di assistenza finanziaria e tecnologica nei riguardi dei paesi poveri per far fronte ai pericoli distruttivi del cambiamento climatico. In questo senso, la specificità degli stati insulari e dei paesi meno sviluppati dovrebbe essere pienamente riconosciuta.
Signor Presidente, le variazioni climatiche non sono l’unico problema che affligge oggi l’umanità, altri flagelli ed ingiustizie ci insidiano, il divario che separa i paesi ricchi da quelli poveri non smette di crescere, malgrado tutti gli obiettivi del millennio, il vertice di Monterrey sul finanziamento, nonostante tutti questi vertici, come ha detto qui il Presidente del Senegal denunciando una grande verità, promesse e promesse cadute nel nulla, ed intanto il mondo continua nella sua marcia distruttiva.  
Il reddito complessivo delle 500 persone più ricche del mondo è superiore alle entrate dei 416 milioni di persone più povere; i 2.800 milioni di persone che vivono nella povertà, con meno di 2 dollari al giorno, e che rappresentano il 40 per cento della popolazione mondiale, ricevono solo il 5 per cento delle entrate mondiali.
Oggi, muoiono ogni anno 9.2 milioni di bambini prima di raggiungere il quinto anno di vita e il  99.9 per cento di queste morti avvengono nei paesi più poveri. La mortalità infantile è di 47 morti per mille nati vivi, però nei paesi ricchi è di solo 5 per mille. La speranza di vita nel pianeta è di 67 anni, nei paesi ricchi è di 79, mentre in alcune nazioni povere è di solo 40 anni. 
Per giunta, esistono 1.100 milioni di abitanti che non hanno accesso all’acqua potabile, 2.600 milioni privi di servizi sanitari, più di 800 milioni di analfabeti e 1.020 milioni di persone affamate, questo è lo scenario mondiale. 
E ora, la causa, qual è la causa?
Parliamo della causa, non evitiamo le responsabilità, non evitiamo la profondità di questo problema, la causa senza dubbio, torno al tema di questo disastroso panorama, è il sistema metabolico distruttivo del capitale e del suo modello incarnato: il capitalismo.
Ho qui una citazione, che voglio leggervi, di quel grande teologo della liberazione che è Leonardo Boff, come sappiamo, brasiliano, un nostro americano.
Su questo argomento Leonardo Boff afferma quel che segue: “Qual è la causa? Ah, la causa è il sogno di cercare la felicità attraverso l’accumulazione materiale e il progresso senza fine, usando per questo la scienza e la tecnica con cui si possono sfruttare in modo illimitato tutte le risorse della terra”. E fa riferimento a Charles Darwin e alla sua “selezione naturale”, la sopravvivenza dei più forti, però sappiamo che i più forti sopravvivono sulle ceneri dei più deboli.
Jean-Jacques Rousseau, sempre bisogna ricordarlo, pensava così: “Fra il forte e il debole, la libertà opprime”. Per questo, quando l’impero parla di libertà, si tratta della libertà di opprimere, di assassinare, di annientare, di sfruttare, questa è la sua libertà e Rousseau aggiunge la frase salvifica: “Solo la legge libera!”
Ci sono alcuni paesi che stanno giocando in maniera tale che qui non si abbia un documento, perché precisamente non vogliono una legge, non desiderano alcuna norma, in quanto l’inesistenza di questa norma consente loro di scommettere sulla libertà di sfruttare, sulla libertà di sopraffare.
Facciamo uno sforzo, e facciamo pressione qui e nelle strade, perché qui esca un impegno, si produca un documento che vincoli i paesi più potenti della terra.
 [Applausi].
 Bene, si domanda Leonardo Boff. Avete conosciuto Leonardo Boff? Non so se è presente qui, l’ho conosciuto poco tempo fa in Paraguay, lo abbiamo sempre letto.
Può una terra finita sopportare un progetto infinito? La tesi del capitalismo, lo sviluppo infinito, è un modello distruttivo, accettiamolo.
Dopo, Boff ci domanda: “Che possiamo aspettarci da Copenhagen?”; solo questa genuina confessione: così come ci troviamo non possiamo continuare, ed un proposito semplice, cambiamo direzione, facciamolo, ma senza cinismo, senza menzogne, senza doppie agende, senza documenti prodotti dal nulla, con la verità davanti a noi.
Fino a quando, ci chiediamo dal Venezuela, signor Presidente, signore, signori, fino a quando consentiremo simili ingiustizie e disuguaglianze; fino a quando tollereremo l’attuale ordine economico internazionale e i meccanismi del mercato vigente; fino a quando permetteremo che grandi epidemie come l’HIV AIDS colpiscano intere popolazioni; fino a quando permetteremo che gli affamati non possano alimentarsi, né nutrire i propri figli; fino a quando permetteremo che continuino a morire milioni di bambini per malattie curabili; fino a quando permetteremo conflitti armati che massacrano milioni di esseri umani innocenti, con il fine da parte dei potenti di appropriarsi delle risorse di altri popoli?
Noi popoli del mondo chiediamo agli imperi, a coloro che pretendono di continuare a dominare il mondo e a sfruttarci, che cessino le aggressioni e le guerre.
Niente più basi militari imperiali, né colpi di Stato, costruiamo un ordine economico e sociale più giusto e più equo, sradichiamo la povertà, limitiamo subito gli alti livelli di emissioni, arrestiamo il deterioramento ambientale ed evitiamo la grande catastrofe del cambiamento climatico, integriamoci nel nobile obiettivo di essere tutti più liberi e solidali.
Signor Presidente, da quasi due secoli, un venezuelano, riconosciuto universalmente liberatore di nazioni e precursore di coscienze, ha consegnato alla posterità una massima piena di intenzioni: “Se la natura si oppone, lotteremo contro di lei e faremo in modo che ci obbedisca…”
Era Simón Bolívar, el Libertador. Dal Venezuela Bolivariano, dove in un giorno come oggi, sicuramente da circa dieci anni, dieci anni esatti, continuiamo a vivere la tragedia climatica più grande della nostra storia: la tragedia “Vargas”, cosiddetta da questo Venezuela, la cui Rivoluzione tenta di conquistare la giustizia per tutto il suo popolo. [Nota sulla tragedia “Vargas”: Un gruppo di scrittori latinoamericani capeggiati dal peruviano Mario Vargas Llosa dichiara che il socialismo del XXI secolo attuato dal presidente Hugo Chávez costituisce una “minaccia”, in quanto incammina il Venezuela verso una “dittatura comunista”. Vargas denuncia: “Il Venezuela diventerà la seconda Cuba dell’America Latina; gli spazi per la libertà politica, economica e di parola in Venezuela si stanno restringendo, e la proprietà privata deve essere difesa davanti alla “panzana” della proprietà collettiva. La proprietà sociale è una chimera: siamo di fronte ad un sistema gestito da una burocrazia politica profondamente inefficiente e che prima o poi è destinato a corrompersi”.]
Il solo cammino possibile è quello del socialismo, il socialismo, l’altro fantasma del quale parlava Carlo Marx, anche questo aleggia da queste parti, il socialismo, questa è la rotta, questa la direzione per la salvezza del pianeta, non ho il ben che minimo dubbio, ed il capitalismo è il cammino dell’inferno e della distruzione del mondo. Il socialismo, è per questo che il Venezuela viene minacciato dall’impero nordamericano.
Dai paesi che si conformano all’ALBA, la Alleanza Bolivariana, proviene l’esortazione, lo dico con rispetto, però dal profondo della mia anima, a nome di molti su questo pianeta, noi esortiamo i governi ed i popoli della Terra, parafrasando Simón Bolívar, el Libertador: “Se la natura distruttiva del capitalismo si oppone, dunque lotteremo contro essa e faremo in maniera che ci ubbidisca, non aspetteremo a braccia conserte la morte dell’umanità.”
La storia ci chiama all’unità e alla lotta.
Se il capitalismo oppone resistenza, noi tutti siamo obbligati a dar battaglia contro il capitalismo ed aprire il cammino alla salvezza della specie umana, tocca a noi alzare le bandiere di Cristo, di Maometto, dell’uguaglianza, dell’amore, della giustizia, dell’umanesimo, del vero e più profondo umanesimo. Se non lo facciamo, la più bella creazione dell’universo, l’essere umano, sparirà, sparirà.
Questo pianeta è vissuto migliaia di milioni di anni, e questo pianeta è vissuto per migliaia di milioni di anni senza di noi, la specie umana: non ha bisogno di noi per esistere. Bene, noi senza la Terra non viviamo, e stiamo distruggendo la Pachamama (La Terra Madre), come dice Evo e come dicono i nostri fratelli aborigeni del Sudamerica.
Infine, signor Presidente, e per concludere, ascoltiamo Fidel Castro quando dice: “Una specie è in pericolo di estinzione, l’essere umano.”
Ascoltiamo Rosa Luxemburg, quando afferma: “Socialismo o barbarie”.
Ascoltiamo Cristo il redentore quando dice: “Benvenuti i poveri perché loro sarà il regno dei cieli.” Signor Presidente, signore e signori, dobbiamo essere capaci di non fare di questa Terra la tomba dell’umanità, ma facciamo di questa Terra un cielo, un cielo di vita, di pace, di pace e fratellanza, per tutta la umanità, per la specie umana.
Signor Presidente, signore e signori, mille grazie e buon appetito. [Applausi].
 

lunedì 21 dicembre 2009

Voglio raccontare al mondo

di Nahida IZZAT ناهدة عزة Tradotto da  Yaotl Àltan 
Da leggere qui

venerdì 18 dicembre 2009

Capitalismo e millenarismo: Sugli obiettivi ONU per il Millennio


di Santiago ALBA RICO. Tradotto da Mario Sei
URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=9555&lg=it
Originale. Capitalismo y Milenarismo

 



Testo del catalogo della mostra Deseos, promesas, realidades. Ocho objetivos para el desarrollo (Desideri, promesse, realtà. Otto obiettivi per lo sviluppo). MUVIM, Valencia, dal 15 ottobre 2009 a 7 febbraio 2010.






Nella Bibbia il profeta Isaia (11, 6-8 e 25, 8) annunciava un tempo in cui "abiterà il lupo insieme all'agnello e la tigre si sdraierà insieme alla gazzella" e in cui "Nostro Signore asciugherà le lacrime da tutti i volti, e cancellerà dalla faccia della terra la sofferenza del suo popolo". Nei primi secoli del Cristianesimo, Papia, Ireneo e Lattanzio anticipavano un'epoca "in cui le vigne cresceranno e ognuna di esse avrà mille ceppi, e in ogni ceppo ci saranno diecimila rami e ogni ramo avrà diecimila viticci e ogni viticcio diecimila grappoli e ogni grappolo avrà diecimila acini e da ogni acino si otterranno venticinque misure di vino; e la stessa cosa succederà con i frutti e tutti gli altri semi". Giustino aggiungeva poi che in questa Gerusalemme futura "non si ascolteranno più né gemiti né lamenti; non ci saranno neonati prematuri, né anziani che non completino il loro ciclo [...] Si costruiranno case e ognuno di noi ne avrà una per viverci; si pianteranno vigneti e tutti mangeremo dei loro frutti". Queste utopie religiose di abbondanza materiale sono conosciute con il nome di "millenarismo" perché credevano nell'avvento in terra, dopo il ritorno di Cristo, in un millennio di pace e benessere per tutto il genere umano. Da Montano  a Müntzer, da Gioacchino da Fiore a Jan de Leyden, dai taboristi agli anabattisti, la storia d'Europa è stata attraversata, o comunque punteggiata, da un tenace filone millenarista, un po' ribelle e sognatore allo stesso tempo, che voleva sovvertire la logica dei tempi, la logica che è poi sempre quella dei potenti, per imporre quella della giustizia, reclamata dai poveri, gli umiliati, i sottomessi.
Nella Germania del XVI secolo, i contadini accolsero la riforma luterana non solo per la libera interpretazione della Bibbia, ma anche per la libera disposizione dei beni di questo mondo. La fame di pane, di terra e di felicità scatenٍ, contro i principi tedeschi, contadini e operai urbani nelle cui orecchie – racconta Ernest Bloch – "risuonava il fragore della rivoluzione mondiale", il rumore fantastico di un sollevamento mondiale, dalla Spagna alla Turchia. Capeggiati da Thomas  Müntzer, fiduciosi nell'avvento di Cristo, i contadini ribelli, e i loro predicatori comunisti, furono vinti nel 1525 e poi perseguitati, cacciati, torturati e assassinati in tutta Europa, colpevoli, come denunciava Lutero di "voler invertire l'ordine delle cose e realizzare in terra ciٍ che poi deve seguire in cielo".
Il millenarismo dei contadini tedeschi credeva nell'avvento di un nuovo ordine sociale ugualitario in cui la guerra fosse definitivamente abolita in quanto mezzo per risolvere le differenze tra i popoli, in cui le infermità e le epidemie fossero vinte e dimenticate per sempre, in cui tutti gli esseri umani vivessero del proprio lavoro e in cui la giustizia – per uomini e donne – governasse sulla terra senza differenze. Tutto questo sembra familiare? Sono appunto i famosi Obiettivi del Millennio stabiliti nel 2000 dalle Nazioni Unite per un mondo che, come quello del XVI secolo, resta colpito dalla fame, le malattie, la disuguaglianza e la guerra.
Il millenarismo europeo aveva fissato date molto precise, sempre rinviate e smentite, per questo mutamento generale. Hans Hut aveva previsto l'inizio del Millennio per il periodo di Pentecoste dell'anno 1528; Melchor Hoffman lo aspettava per l'anno 1533 e Miguel Servet, che aveva sommato il numero apocalittico del 1260 con l'anno 325, data del Concilio di Nicea, lo aveva annunciato per l'anno 1585.  Le Nazioni Unite hanno invece fissato nel 2015 l'anno per la realizzazione degli obiettivi del Millennio.  Hans Hut,  Melchor Hoffman e  Miguel Servet morirono martirizzati senza vedere realizzate le loro previsioni, cosى come migliaia, centinaia di migliaia di persone moriranno nel 2016 – secondo tutte le statistiche – senza vedere realizzato il compromesso dell'ONU.
Il millenarismo europeo,  che in qualche modo sublimava il sogno profondo e ancestrale di una età dell'abbondanza e dell'uguaglianza in una visione religiosa, immaginava una salvazione che era al contempo globale, imminente, terrena e collettiva. Condizione e effetto per la realizzazione del Millennio del Benessere erano la coordinazione degli sforzi e il consenso fraterno tra gli uomini. Ma fu in realtà il consenso dei potenti – principi, papi e imperatori, senza distinzione sulla loro convinzione teologica – quello che si realizzٍ e che in Turingia riuscى a sconfiggere le forze disorganizzate dei coraggiosi sognatori millenaristi. Anche per il Millennio dell'ONU la coordinazione e la collaborazione  sono la condizione e l'effetto della sua realizzazione. E' infatti quello che si legge nell'Obiettivo 8, il quale invoca – o meglio supplica- un "consenso dei potenti". Si annunciano gli obiettivi e poi si stabilisce, insieme ad essi, anche l'impossibilità di realizzarli: l'aiuto delle industrie farmaceutiche, l'appoggio dei mercati finanziari, la cooperazione delle grandi multinazionali delle telecomunicazioni.
Questa assimilazione tra gli obiettivi del Millennio dell'ONU e lo spirito del millenarismo cristiano medioevale e rinascimentale puٍ certo sembrare provocatoria, ma è proprio la differenza tra i due contesti a rendere più  evidente il paradosso della situazione attuale.  Globale, imminente, terrena e collettiva, la salvazione millenarista dei contadini europei poteva solo essere immaginata come "sovrannaturale". La sproporzione esistente all'epoca tra la loro condizione di infelicità e i mezzi per risolverla li obbligava a compiere un salto religioso. Si rendevano infatti conto che le possibilità di un cambio generale della società stavano al di là delle reali forze produttive del tempo: potevano liberarsi dei loro padroni, ma solo un Cristo poteva garantire loro un vaccino contro il morbillo o una fonte inesauribile d'energia, di latte, di pane … Con il capitalismo, invece, l'alimentazione e la salute non dipendono più da un intervento divino. Il capitalismo produce povertà e morte, ma non è questo il suo obiettivo. Il capitalismo produce anche ricchezza, piaceri e rimedi, ma nemmeno questo è il suo  obiettivo. Dato che non puٍ fare differenze e che dispone di forze produttive senza precedenti – comprese le tecnologie mediche e agricole – il capitalismo ha messo a  disposizione del genere umano delle potenzialità che nello stesso tempo non gli permette di usare. La morte per malaria, per morbillo, per rosolia, per fame, sono morti naturali? O non sono invece un atto d'accusa in un mondo che è in grado di curare queste malattie? E che potrebbe, con uno sforzo modesto, alimentare tutti i suoi abitanti? La violenza del capitalismo va vista in rapporto ai suoi mezzi d'emancipazione, cioè con la sua necessità intrinseca di moltiplicare la ricchezza e il benessere e, nello stesso tempo, di reprimere il loro uso; di aumentare i mezzi di salvazione e di proibire il loro utilizzo, e questo si traduce in una "naturalizzazione" della morte e della distruzione: "I poveri", dicono le statistiche, "vivono 30 anni meno dei ricchi". A quale forza silenziosa imputare questa differenza? L'Obiettivo 8 del Millennio, per come è formulato, non rinuncia forse a confrontarsi con questa forza che, pur realizzando i sogni di Isaia e di Giustino, limita il suo godimento, e in modo insostenibile, a una zona ridottissima del pianeta? Non c'è forse maggiore ingenuità "sovrannaturale" nel chiedere l'intervento di Roche, di Monsanto, di Sony, della OMC, dell'FMI, piuttosto che in quello di Cristo?
L'ONU, che in linea di principio è un gran risultato della ragione umana, riesce perٍ solo a formulare i problemi e non a risolverli. E non perché non ottiene un vero consenso, ma perché non è capace di impedire il "consenso dei potenti". La crisi attuale, che si invoca come giustificazione all'inadempimento già annunciato degli Obiettivi del Millennio, ha determinato un  intervento coordinato senza precedenti per rifondare il capitale. Il 14 settembre 2008, il giorno stesso in cui la FAO informava che la fame colpisce ormai circa un miliardo di esseri umani e valutava in 30 miliardi di dollari la cifra necessaria per salvare le loro vite, l'azione congiunta di sei banche centrali (USA, UE, Giappone, Canada, Inghilterra e Svizzera) iniettٍ 180 miliardi di dollari nei mercati finanziari per salvare le banche private. Il "consenso dei potenti", cristallizzato nelle riunioni del G-20 e del G-8, ha continuato su questa linea e ha elargito molti altri fondi per sostenere istituzioni o imprese capitalistiche e ha adottato misure convergenti per procedere allegramente verso l'abisso, senza mai rimettere in questione il modello. Questo significa voler realizzare gli Obiettivi del Millennio? Forse, ma non è comunque ciٍ che preoccupa i potenti, come dimostra lo scarso interesse che suscitٍ, sia nei governi sia nei media, la "Conferenza delle Nazioni Unite sulla crisi finanziaria ed economica mondiale", denominata G-192 e celebrata quasi in incognito a New York lo scorso giugno, solo pochi giorni dopo che i membri del G-8, accompagnati da un'imponente copertura mediatica, si erano riuniti in Italia.
C'è comunque qualcosa d'affascinante e di precursore anche nel "consenso dei potenti": la straordinaria capacità di "pianificazione". Ai tempi di Marx, il capitalismo era solo un'eccezione in alcune regioni del pianeta; se è riuscito a coprire l'intera superficie della terra è stato grazie a un continuo intervento statale, a una costante "pianificazione" che combinava, e combina tuttora, gli espropri delle terre, le azioni armate, le misure protezionistiche, i colpi di stato e gli accordi internazionali. Mai, nella storia, un esperimento economico ha avuto a sua disposizione mezzi cosى potenti e condizioni più favorevoli per dimostrare la sua superiorità. Negli ultimi sessant'anni, la minoranza organizzata che gestisce il capitalismo globale ha avuto l'appoggio incondizionato di tutta una serie di istituzioni internazionali ( FMI, Banca Mondiale, OMC, G-8, G-20 ecc.) che hanno operato in assoluta libertà e applicato, contro deboli resistenze, politiche di liberalizzazione e privatizzazione dell'economia mondiale. Dopo 200 anni di libera esistenza, appoggiato, difeso e sostenuto da tutti i poteri e tutte le istituzioni della terra, il tratto omicida del capitalismo ci ha condotti fino a qui: 1 miliardo di esseri umani stanno morendo di fame e, quel che è peggio, ci ritroviamo praticamente obbligati a soccorrere e aiutare i colpevoli, poiché altrimenti noi stessi rischiamo di finire sotterrati coi più poveri, dopo esserci uccisi l'un con l'altro.
Sembra dunque che pianificare per salvare banche e compagnie d'assicurazione non serve, almeno per quanto riguarda gli Obiettivi del Millennio. E pianificare per salvare vite? Questo non lo abbiamo ancora tentato. Capitalismo e socialismo non si formarono in mondi paralleli d'eguali condizioni, ognuno isolato nel suo laboratorio asettico e puro; il socialismo nacque come reazione al capitalismo storico, e non ha mai fallito perché non ha mai avuto né mezzi né appoggi per mettere alla prova il suo modello. Il poco che si lascia intuire dall'attualità ci offre perٍ qualche speranza: considerando la storia del colonialismo e del sottosviluppo dobbiamo riconoscere che il socialismo ha fatto molto di più per Cuba di quanto il capitalismo non abbia fatto per Haiti o per il Congo. Quando si parla di "socialismo in un solo paese" ci si dimentica che è altrettanto impossibile il "capitalismo in un solo paese", ed è per questo che si è dotato di una fortissima organizzazione internazionale capace di penetrare in ogni luogo e in ogni tipo di relazione. Cosa succederebbe se l'ONU decidesse d'applicare la carta dei Diritti Umani o quella dei Diritti Sociali? Se la FAO la dirigesse un socialista cubano? Se il modello degli scambi commerciali fosse l'ALBA e non l'OMC? Se la Banca del Sud fosse potente come l'FMI? Se tutte le istituzioni internazionali imponessero agli indisciplinati capitalisti dei programmi di riforme strutturali orientate ad aumentare la spesa pubblica, nazionalizzare i servizi di base e proteggere i diritti sociali e del lavoro? Se le Banche Centrali di sei stati potenti intervenissero con forza per garantire i vantaggi del socialismo? Non sarebbe forse questo, realmente, l'Obiettivo 8 per  il Millennio? Possiamo dire che la minoranza organizzata che gestisce il capitalismo non lo permetterebbe, ma non possiamo affermare che non potrebbe funzionare.
La realizzazione dei primi 7 obiettivi per il Millennio dipende dalla realizzazione dell'ottavo, ma per questo non basta,temo, che sia ben formulato. Non sarebbe inutile, in ogni caso, cominciare almeno a far questo.  Il Millenarismo cristiano è oggi, finalmente, materialmente realista. Facciamolo diventare, finalmente, materialmente realtà.






giovedì 17 dicembre 2009

Attualità di Sandokan


di Alfonso SASTRE, 19/11/2009. Tradotto da Massimo Marini, Tlaxcala
Originale da: Actualidad de Sandokan


Sastre accende la luce e compare la sua ombra.
Sastre. - Guarda, Ombra, cosa dice questo analista politico, Agustín Velloso.

Ombra.- (che non lo vede) Dove?

Sastre.- Sì, dai: qui, su Kaos en la Red. Guarda, guarda.

Ombra.- Vediamo.

Sastre.- (leggendo) «Ah, i pirati! Come suona bene questa parola e che ricordi ci riporta dell'infanzia»; e compie all'istante una riflessione molto acuta e chiarificatrice.

Ombra.- Sui pirati attuali, suppongo?

Sastre.- E perché li chiami pirati?

Ombra.- Tutto il mondo lo fa.

Sastre.- Beh... puoi anche leggere, tra gli altri, il commento di Joaquín Sempere su «Público», lo scorso 26 ottobre. Così cominceresti a renderti conto di questo fenomeno che Emilio Salgari avrebbe intitolato «I pirati dell'Oceano Indiano», o «I pirati somali» o, meglio ancora, «I pirati del Corno d'Africa». 
Ombra.- E che c'entra Salgari in tutto questo? 
Sastre.- C'entra che egli trasformò Sandokan in un gran personaggio letterario. Sandokan, ossia un pirata, un «terrore dei mari», che appare come un grande eroe nei suoi romanzi!

Ombra.- Lei dice che «lo trasformò in un personaggio». Perché, è stato una persona reale?

Sastre.- Così  ci assicura il romanziere nelle sue Memorie, che non poté terminare poiché si suicidò a Torino. Egli, nei suoi viaggi, aveva conosciuto Sandokan e non solo lui, ma anche Tremal-Naik, il portoghese Yanez, Kammamuri... pirati tutti loro, e grandi personaggi con i quali ho convissuto nella mia infanzia. Per questo ho cominciato da qui: dal ricordare quanto ad alcuni di noi suoni bene la parola pirata.

Ombra.- Lo so, lo so. Sandokan era un pirata e a lei questo piace. Ma agli arrantzales, i pescatori baschi, che sono stati prigionieri, non piacerà, e forse manderanno improperi alla sua famiglia poiché lei ha difeso i pirati.

Sastre.- Che vuoi dire? Io desideravo la libertà immediata per quegli arrantzales! Ma, per farlo, ho cercato anche di pensare alle cause di quel che sta accadendo in quella regione. Questo è tutto.

Ombra.- I pirati, secondo lei, sono stati eroi della sua infanzia; e io so che lo sono stati anche il Corsaro Nero (sempre di Salgari) e il Capitano Nemo (di Jules Verne), che pure fu un pirata, sebbene subacqueo, e...

Sastre.- In realtà, i pirati molte volte non sono stati, come dicono i dizionati, meri «predoni del mare», ma combattenti politici al servizio delle loro cause patriottiche. Ricordati che nel XVI secolo, per fare un esempio, i pirati turchi e algerini e berberi del Mediterraneo erano combattenti della guerra tra quei due grandi imperi che erano l'Ottomano e lo Spagnolo. Il gran Cervantes ne seppe qualcosa di questa gran lotta, perché venne catturato quando tornava in Spagna su di una nave dopo essere rimasto monco nella battaglia di Lepanto, che egli chiamò «il più grande evento che videro i secoli», e si fece qualche annetto nelle prigioni («i bagni») di Algeri, finché la sua famiglia non poté racimolare il denaro che chiedevano per il suo riscatto.

Ombra.- Com'è  tutto complicato!

Sastre.- È... complesso, come si suol dire. (Pausa; pensoso) La Pirateria è stata, nella Storia, molte cose; anche un veicolo di protesta contro le ingiustizie dei potenti. Cara Ombra, Sandokan era un militante politico-militare, un guerriero contro l'onnipotenza mondiale dell'impero Britannico. Un combattente anticolonialista, detto in termini attuali.

Questo ti può  ricordare, se lo hai letto a suo tempo, che Chomsky ci ha detto qualche anno fa che per un certo pirata del IV secolo a. C. la differenza tra un pirata ed un imperatore consiste nel fatto che il pirata ha una sola nave e, l'imperatore, molte.

Ombra.- Allora ne deriva che...

Sastre.- Aspetta, aspetta. Ci sono anche stati – e ci sono– pirati  al servizio degli imperatori.

Ombra.- E Sandokan?

Sastre.- Sandokan non era al servizio di nessuna potenza. La sua nave si muoveva da sola – la muoveva Sandokan– contro l'occupazione inglese: insomma, non lo faceva sotto la protezione e la bandiera di una nazione o di un potente stato. Egli era solo dinanzi al pericolo. Cioè, solo con i suoi collaboratori e con i suoi «tigrotti di Mompracem», e soprattutto con le sue ragioni e la sua passione contro l'Impero dei Mari, che allora era l'Inghilterra.

Ombra.- Vediamo se si spiega un poco, senta. Per cominciare: vale la definizione che è stata fatta un momento fa: «predoni dei mari»? Rapinatori umidi o qualcosa del genere? Ladruncoli lessi?

Sastre.- (affermativo e critico) Ma questo non vuol dire niente contro di loro, trovandoci come ci troviamo in un mondo di grandi pirati ben vestiti e incravattati, dietro le scrivanie dei loro opulenti uffici; ovvero in un mondo nel quale, come diceva Proudhon, la proprietà è un furto. In un mondo, insomma, nel quale in definitiva i grandi pirati sono gli imperatori. Ciò che ho appena detto è anche «pensiero gitano», per così dire. Ma tornando ai nostri pirati è certo che tra di essi vi sono «ladruncoli» propriamente detti ma lo è altrettanto che, sotto l'appellativo di pirati, ci sono movimenti di difesa e di resistenza dei deboli verso i forti.

Storicamente possono definirsi così, io credo, le differenti specie, secondo la definizione delle loro azioni o la loro localizzazione geografica: Corsari erano coloro che navigavano con una «patente di corsa» delle grandi potenze che cercavano di dominare il mare con qualcosa in più delle loro stesse squadre ufficiali. Sir Francis Drake è un prototipo di corsaro, in questo caso inglese. Quella patente lo autorizzava, per esempio, a depredare i galeoni spagnoli nell'Atlantico. A loro modo combattevano contro l'impero spagnolo. Filibustieri era il nome che si dava loro nelle Antille, e combattevano soprattutto al servizio di Olanda, Inghilterra e  Francia.  Lottavano «per l'emancipazione delle province ultramarine della Spagna»; così li definisce il Diccionario de la Real Academia Española. In quanto ai bucanieri, era un altro nome per i filibustieri, che vengono definiti nel DRAE come «pirati dei secoli XVII e XVIII, dediti al saccheggio dei possedimenti spagnoli d'Oltremare».

Ombra.- Tutto questo se l'è ricordato ora, con ciò che sta accadendo nell'Oceano Indiano? Quelle letture infantili... Me lo ricordo io, quando eravamo piccoli, e leggevamo «Le tigri della Malesia», «Il Corsaro Nero», «L'isola del tesoro», o quel pirata così saggio che è il capitano Nemo di «Ventimila leghe sotto i mari»...
Sastre.- In quanto al capitano Nemo, la sua condizione di pirata viene oscurata dalla sua vocazione di scienziato e studioso delle profondità marine e della loro zoologia. Ma sì, lui è – nell'immaginazione di Verne– un combattente contro l'impero britannico che si rifornisce dell'oro di alcuni galeoni spagnoli affondati nella baia di Vigo nel XVI secolo e che aiuta la lotta per la liberazione del suo paese. Ciò si svela quando nelle acque di Ceylon difende un povero pescatore di perle indiano lottando strenuamente, pugnale in mano, con uno squalo che è sul punto di uccidere il povero pescatore, e poi regala a questi un sacchetto di perle, spiegando dopo ciò che ha fatto ai suoi ospiti forzati: «quell'indiano, professore, è un abitante dei paesi oppressi e io sono ancora, e lo sarò fino all'ultimo respiro, cittadino di quei paesi».

Ombra.- Va bene, va bene... Ma tutto ciò è letteratura e ora c'è una realtà  molto seria e grave, no?

Sastre.- Letteratura e realtà! La letteratura, Ombra mia, è anche politica. Tu hai citato «Il Corsaro Nero», pure di Salgari. Nella sua edizione spagnola del 1955, la casa editrice ha soppresso tutto il capitolo 15 perché Salgari in esso spiegava cos'era il «filibustierismo», di modo che la bella missione «civilizzatrice» della Spagna in America era vittima, secondo gli editori, della leggenda nera antispagnola. E così hanno soppresso il capitolo, e viva la Spagna.

Ombra.- L'Olanda e l'inghilterra hanno operato meglio le loro colonizzazioni?

Sastre.- No, no, certo che no, ma quello è un altro argomento. In realtà si è  sempre trattato di lotte tra imperialismi, tra colonialismi. Tornando alla realtà attuale che non è letteratura, ora ci ritroviamo, sulla situazione delle acque dell'Oceano Indiano, informatori e analisti seri come Johann Hari, giornalista de «L'independent» con la sua collaborazione per «The Huffington Post» del 4-1-2009; secondo lui, la vita in Somalia è un orrore tinto di sangue e di miseria. Quel paese è oggetto di ogni tipo di oltraggio, tra cui il fatto che i suoi mari si stanno trasformando in secchi d'immondizia e la loro pescosità si sta esaurendo. Lì, i cosiddetti «pirati» hanno cercato e cercano di generare movimenti di difesa di fronte al saccheggio che stanno subendo i torturati abitanti di quel paese, e le azioni di questi «pirati» vengono appoggiate dal 70% della popolazione, che le considera «una forma di difesa nazionale delle acque territoriali del paese». (Warders News). Questo dato del 70% di appoggio è apparso in Internet, sul «sito somalo indipendente», ed è molto verosimile.

Per Joaquín Sempere, i cosiddetti «Guardacoste Volontari della Somalia» –oggi «i pirati»– esprimono questa situazione, che è effetivamente terribile soprattutto per loro e hanno cercato, prima di essere «pirati», di «negoziare con pescherecci stranieri affinché smettessero di pescare o pagassero una tassa per continuare a farlo, tentativi che sono falliti», e «l'esito finale è stato che oggi viene qualificata come pirateria somala». In realtà, questo fenomeno è della stessa indole di quello che si manifesta quando i grandi poteri politici «condannano il terrorismo» e firmano queste condanne con le mani piene del sangue dei popoli da loro oppressi.

Ombra.- Bisognerebbe partire da riflessioni come questa per giudicare quel che sta accadendo nell'Oceano Indiano. No, capo?

Sastre.- Si, Ombra. Bisognerebbe partire dalla verità.

Ombra.- (sospirando) Ma, chi lo fa? Ahimé!

Sastre.- C'è  chi lo fa, sì, cara mia, e noi ci siamo basati proprio su alcune delle loro testimonianze e riflessioni per realizzare la nostra conversazione di oggi.

mercoledì 16 dicembre 2009

Contaminazione con riso OGM: la Bayer condannata a pagare 2 milioni di dollari


di CBG Coordination gegen BAYER-Gefahren/Coalition against BAYER-Dangers Tradotto da Curzio Bettio, Tlaxcala
Originale da: GenReis: BAYER muss Schadenersatz leisten

  
Comunicato stampa, 9 dicembre 2009
A St. Louis, negli Stati Uniti, una giuria ha assegnato a due coltivatori un indennizzo di quasi 2 milioni di dollari per danni. Il verdetto è giunto al termine del primo caso comprovato di una lunga serie contro la tedesca Bayer AG.
Se gli indennizzi per questi casi comprovati  andranno a buon fine, secondo il pubblico ministero, Adam Levitt, la Bayer rischia di dover pagare “sicuramente centinaia di milioni di dollari” per i danni causati dalla contaminazione di raccolti di riso.
“La giuria ha avuto l’occasione di mandare il messaggio che non si puٍ contaminare impunemente il cibo”, ha aggiunto Levitt.
La Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer, che sta portando avanti una campagna contro l'approvazione in Europa del riso geneticamente modificato, è soddisfatta della decisione della giuria.
Agricoltori del Missouri, Arkansas, Texas, Louisiana e Mississippi hanno inoltrato più di 1000 denunce da quando il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato, nell’agosto 2006, che nelle partite di riso a grano lungo degli Stati Uniti erano state trovate tracce del riso ogm LibertyLink.
La Bayer e la Louisiana State University hanno condotto esperimenti sul riso LibertyLink, creato per resistere al glufosinato, un pesticida della Bayer. Questa varietà ha finito per contaminare oltre il 30% dei terreni destinati alla coltivazione del riso negli Stati Uniti
In Europa, la Bayer ha presentato una domanda per l’importazione di un riso geneticamente modificato simile a quello del caso in questione, chiamato LL62, destinato all’alimentazione umana. La Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer (CBG), che per 30 anni ha controllato la compagnia, sollecita l’EFSA (Autorità europea per la Sicurezza Alimentare), con sede a Parma, a non approvare il riso LL62 in quanto la sua introduzione implicherebbe rischi sconosciuti per la salute umana e per l'ambiente.
Philipp Mimkes, portavoce della CBG cosى si esprime: “In relazione al riso geneticamente modificato, chiediamo una applicazione rigida del principio di precauzione. L’incidente avvenuto negli Stati Uniti, mostra che il rischio collegato ai raccolti geneticamente modificati non è controllabile nel lungo termine.”
Secondo Mimkes, l’approvazione da parte dell’Europa del riso geneticamente modificato consentirebbe alla Bayer e alle altre compagnie biotecnologiche di promuoverne la coltivazione nei paesi in via di sviluppo. Questo potrebbe portare alla contaminazione dei tipi di riso coltivati nelle zone di origine, ad una diminuzione della biodiversità e addirittura potrebbe mettere a rischio la principale fonte di cibo dei paesi in via di sviluppo. L’impatto negativo ricadrebbe più pesantemente proprio sul settore più vulnerabile, quello dei poveri in aree rurali.
Ulteriori informazioni:

A proposito di riso geneticamente modificato
elaborazione di Curzio Bettio 
31 agosto 2006
L’Unione Europea  scopre in Olanda carico di riso ogm  proveniente dagli USA senza autorizzazione
 BRUXELLES (Reuters) - Un carico di riso ogm  proveniente dagli Stati Uniti è giunto sabato nei Paesi Bassi, ha reso noto oggi la Commissione europea.
“Abbiamo presumibilmente un caso positivo a Rotterdam”, ha detto il portavoce della Commissione Philip Tod nel corso di una conferenza stampa, aggiungendo che il riso non è stato posto sul mercato e che viene sottoposto a test dalle autorità olandesi.
“C'è stato riferito da fonti del settore di un altro presunto caso positivo a New Orleans, che perٍ non ha lasciato gli Stati Uniti”.
La settimana scorsa, la UE ha reso più severi i requisiti sulle importazioni di riso a grano lungo dagli USA, dopo la scoperta da parte delle autorità statunitensi di una variante geneticamente modificata nota come LL Rice 601 commercializzata dalla tedesca Bayer e prodotta negli USA.
11 Settembre 2006, da Greenpeace
Riso illegale venduto in Germania
Dopo quello cinese, ora anche il riso ogm della Bayer viene venduto dagli USA all’Europa senza autorizzazione. E i consumatori continuano a fare da cavie.
Pochi giorni dopo aver denunciato la presenza sul mercato europeo di riso cinese ogm, Greenpeace rivela oggi che riso ogm della Bayer, proveniente dagli Stati Uniti, è in vendita nei supermercati europei. Questo riso transgenico è illegale, non essendo stato approvato per il consumo umano o la coltivazione in alcun Paese.
Il Comitato europeo per la Sicurezza Alimentare si riunisce oggi per definire la risposta dell’Europa alla contaminazione con riso ogm di prodotti contenenti riso; Greenpeace chiede all’UE di adottare misure forti per bloccare ulteriori possibili contaminazioni.
 Analisi condotte presso laboratori accreditati hanno confermato la presenza di riso Liberty Link 601 nel riso parboiled a grana lunga di provenienza statunitense in vendita in Germania presso i supermercati “Aldi”.
“La negligenza della Bayer avrà pesanti conseguenze sull’industria del riso statunitense”, afferma Federica Ferrario, responsabile campagna ogm di Greenpeace.
Questo test positivo potrebbe essere solo il primo di una lunga serie. Esportatori, grossisti e dettaglianti rischiano ora di fronteggiare pesanti costi per effettuare analisi e ritiri di prodotti, per non parlare di diminuzione delle vendite, riduzione dei prezzi, e diffidenza dei consumatori.
Lo scandalo legato alla contaminazione con mais illegale StarLink, ha causato nel 2001 all’industria dei cereali danni stimati dell’ordine di mezzo miliardo di dollari. L’attuale vasta contaminazione del riso fa presagire un impatto ancora più pesante sull’industria del riso.
 “La prima domanda che poniamo, sia alle autorità europee sia a quelle americane è: quanto è vasta questa contaminazione nei prodotti già in vendita sugli scaffali? La seconda: cosa si sta facendo per proteggere i consumatori?", aggiunge Ferrario.
Greenpeace chiede all’industria del riso analisi sui prodotti a base di riso destinati ai consumatori, e all’Unione Europea di ritirare immediatamente i prodotti contenenti riso statunitense contaminato.
 In meno di due settimane Bayer è stata oggetto di quattro azioni legali collettive, ma rischia di più. Già diverse navi cariche di riso statunitense sono state fermate e probabilmente le analisi risulteranno positive al riso ogm della Bayer LL601. Unione Europea e Giappone hanno imposto analisi obbligatorie e certificazioni per verificare che ogni importazione di riso non contenga varietà illegali.
 “ب un chiaro messaggio per il comparto risicolo: se non sta alla larga dagli ogm rischia danni enormi. Una volta che ogm illegali sono entrati nella filiera alimentare, rimuoverli comporta molto lavoro ed esborso economico, quindi è meglio prevenire la contaminazione a monte”, commenta Ferrario.
Pochi giorni fa, Greenpeace ha scoperto una contaminazione causata da un altro riso transgenico di provenienza cinese, rilevata in prodotti alimentari in Francia, Germania e Gran Bretagna. Greenpeace ha informato le autorità competenti, nazionali e comunitarie, che questo riso illegale comporta seri rischi per la salute e si rende quindi necessario agire immediatamente per proteggere i consumatori. Questo riso cinese è stato modificato per resistere agli insetti e contiene una proteina, la Cry1Ac, che ha già prodotto reazioni allergiche nei topi. Alcuni scienziati indipendenti hanno rilasciato una dichiarazione confermando le preoccupazioni di Greenpeace sui rischi per la salute. Anche questa contaminazione ha avuto inizio con i campi sperimentali: il riso non era stato ancora approvato per la coltivazione commerciale proprio per le crescenti preoccupazioni sulla sua sicurezza.
Settembre 2006
Il riso ogm della Bayer è già sulle nostre tavole
ROMA. L´allarme lo lancia Simona Capogna, del consiglio nazionale Verdi Ambiente e Società (Vas): “Ormai è una certezza: il riso geneticamente modificato della Bayer (LLRICE 601) ha invaso i mercati europei, senza aver ottenuto l’approvazione nemmeno nel paese più aperto ai prodotti transgenici: gli Stati Uniti. Ha passato le frontiere senza presentare una regolare certificazione, come “clandestino”, nascosto all’interno dei sacchi del riso lungo convenzionale”.
 Il riso ogm resistente agli erbicidi doveva restare nei campi sperimentali, dove era stato piantato nel 2001, ma ha invaso i campi vicini e non sono disponibili dati per capire da quanto tempo riso contaminato è in vendita anche in Europa.
 “L’unica cosa di cui possiamo esser certi al momento - dice Capogna - è che a pagare per una tecnologia che porta vantaggi solo alle multinazionali dell’agrochimica saranno ancora una volta, e come sempre, i cittadini. La contaminazione dell’ambiente e del cibo, la successiva decontaminazione, i controlli e i test saranno plausibilmente tutti a carico di chi si oppone all’introduzione di una tecnologia pericolosa e pervasiva”.
 Infatti la Bayer ha promesso solo il sostegno tecnico-scientifico dove sarà necessario, “un pٍ poco per un’azienda che fattura miliardi di dollari l’anno, vendendo pacchetti di sementi geneticamente modificate e input chimici - dicono i VAS – “Ci aspettiamo quindi, anche alla luce di questo ultimo episodio, che le azioni che nei prossimi mesi attendono la Commissione Europea, l’Autorità per la Sicurezza Alimentare e le istituzioni nazionali, siano guidate effettivamente dalla volontà di tutelare i cittadini e l’ambiente. Nessuna coesistenza, quindi per una tecnologica pericolosa e invasiva come quella biotecnologica e maggiore sostegno ad una ricerca agricola pubblica e indipendente”.

18 settembre 2006
Lettera aperta alla European Food Safety Authority (EFSA) [Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare], con sede a Parma
Dalla Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer
Oggetto: Importazione del riso LL62, resistente al glufosinato, prodotto dalla Bayer CropScience
Gentili signore e signori,
Esprimiamo qui la nostra preoccupazione per la richiesta, inoltrata dalla Bayer, di approvazione all’introduzione sul mercato europeo del riso LL62 resistente al glufosinato.
Negli Stati Uniti un tipo di riso geneticamente modificato simile, denominato LL601, è stato ritrovato in campioni di forniture destinate al consumo umano. La Bayer ha condotto esperimenti in pieno campo della varietà LL601 tra il 1998 e il 2001, ma non è chiaro come sia avvenuta l’attuale contaminazione. Come la varietà LL62, questo riso è resistente al diserbante Liberty Link prodotto dalla Bayer. La varietà LL601 non è mai stata sottoposta ad esami per accertarne la sicurezza nei confronti del consumo umano, che non è dunque mai stato autorizzato da parte delle autorità preposte.
Ciononostante il riso LL601 è ora entrato nel settore degli alimenti venduti al dettaglio nell’Unione Europea ed è apparso sugli scaffali di alcuni supermercati della catena tedesca “Aldi”. Quindi dopo oltre 10 anni di esperimenti l’industria delle biotecnologie ancora non riesce a garantire la coesistenza degli alimenti geneticamente modificati con quelli non geneticamente modificati. Questo incidente dimostra che il rischio collegato con gli alimenti geneticamente modificati non è controllabile nel lungo periodo. La valutazione di rischio ambientale e i piani di controllo della Bayer per il riso LL62, non danno sufficiente importanza alla possibilità che questi organismi geneticamente modificati vengano accidentalmente sparsi nel Sud dell’Europa dove questo riso potrebbe dunque crescere e contaminare raccolti non geneticamente modificati.
Un’eventuale autorizzazione non sarebbe soltanto una minaccia per i consumatori europei, ma anche per gli agricoltori e per l’ambiente dei paesi in via di sviluppo. Il riso è l’alimento base della dieta di più di metà della popolazione mondiale e la decisione presa dall’Unione Europea in relazione a questo riso geneticamente modificato avrà una forte influenza nei paesi dotati di risorse troppo limitate per poter adottare politiche regolatorie proprie.
L’approvazione da parte europea del riso geneticamente modificato consentirebbe alla Bayer di promuoverne la coltivazione nei paesi in via di sviluppo, in particolar modo in Asia. Ciٍ potrebbe portare alla contaminazione delle coltivazioni di riso esistenti nei centri di origine e mettere a rischio la biodiversità e con essa la principale fonte di cibo nei paesi in via di sviluppo. L'impatto negativo ricadrebbe in modo particolarmente pesante proprio sulle fasce di popolazione più vulnerabili: i poveri delle aree rurali.
La direttiva numero 2001/18/EC del Parlamento Europeo stabilisce che i paesi membri della Unione Europea devono “assicurarsi che vengano prese tutte le misure necessarie ad evitare effetti dannosi per la salute umana e per l'ambiente, che possano derivare dal rilascio volontario o dall'arrivo sul mercato di Organismi Geneticamente Modificati.” Chiediamo perciٍ l'applicazione rigorosa del principio di precauzione nei confronti del riso geneticamente modificato, chiedendovi di non approvare l’importazione nei paesi dell’Unione Europea del riso LL62 in quanto non ci sono prove sufficienti che tale riso non causi danni alla salute umana o all’ambiente.
Cordiali saluti
Philipp Mimkes
Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer
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4 ottobre 2006
Ultime notizie: la Bayer vuole venderci il suo riso biotech
Gli emissari della multinazionale biotecnologica BayerCropScience, responsabile di avere inquinato i raccolti di riso di mezzo mondo con il riso ogm LLRICE601, sono arrivati a Roma per convincere i nostri responsabili di governo che questo riso è particolarmente buono. L’inquinamento è sى avvenuto, i coltivatori americani hanno chiesto sى risarcimenti per centinaia di milioni di dollari, le esportazioni sono sى crollate, ma il prodotto è decisamente valido!
Ieri mattina, 3 ottobre 2006, è stato consegnato un messaggio di questo tono alle nostre autorità  presso il Ministero della Salute, ricevuto dal sottosegretario con delega alla sicurezza alimentare, Gian Paolo Patta. Il motivo dell’incontro, “acquisire ulteriori informazioni”. La BayerCropScience è venuta a rassicurare che la sperimentazione di questo riso è cessata dal 2001, che comunque questo riso non è pericoloso per la salute e per l’ambiente, come certificato dalla Food & Drug Administration degli USA.
Ed allora, questi inquinatori stanno premendo sul Governo italiano, come stanno facendo a livello di Unione Europea, per avere autorizzazioni alla sua legalizzazione.
Questo riso era già stato importato dalla Euricom spa di Vercelli, era stato sbarcato, ma, dalle informazioni desunte dai rapporti dei Nas,  mai commercializzato in Italia, quindi non è mai arrivato sulle nostre tavole. La Euricom spa se ne è vista mettere sotto sequestro la …modica quantità di 6700 tonnellate, ma un bel tonnellaggio era stato venduto ad Austria, Norvegia, Polonia, Germania ed Irlanda. Le nostre industrie del riso nulla sapevano? O forse sono speranzose che la UE autorizzi qualche nuovo tipo di riso ogm?
Il sottosegretario Patta ha assicurato i consumatori che tutto è sotto controllo, ma ha fatto anche osservare che proprio tre giorni fa il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) ha consegnato un voluminoso dossier per ammonire l’Europa, che si ostina a porre resistenza all’invasione ogm sponsorizzata da Washington, invitando i dirigenti Europei a cambiare la loro politica “protezionistica”. Stando alle regole del WTO riguardanti il libero commercio in agricoltura, si proibisce ai paesi di imporre le loro proprie restrizioni sanitarie nazionali sulle importazioni di ogm, in quanto questo viene considerato essere una “disonesta barriera commerciale”.
Ma sono i consumatori ad avversare gli ogm, e sotto la spinta di associazioni di consumatori, di coltivatori, e per la salvaguardia dell’ambiente, la Ebro Puleva, una delle più importanti aziende importatrici di riso in Europa, con un controllo del 30% del mercato Europeo, ha bloccato tutte le importazioni di riso americano. Viene da concludere che gli Statunitensi faranno fatica a spuntarla, a convincere l’Europa a chiudere gli occhi sul riso ogm. Per il momento, glielo stanno propinando a man bassa agli Iracheni. Speriamo che non trovino il modo di introdurlo anche nei nostri risotti!