martedì 20 ottobre 2009

Il pericoloso rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale

di Eric Toussaint, Renaud Vivien e Damien Millet, CADTM (Comitato per l'Abolizione del Debito del Terzo Mondo), 10/10/2009. Tradotto da Andrea Grillo per Senzasoste
Originale: Renforcement du FMI et de la Banque mondiale : lourde menace pour les peuples du Sud et du Nord

Español: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=9008&lg=es
English: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=9009&lg=en

In un clima di repressione si sono concluse a Istanbul le riunioni annuali del FMI e della Banca Mondiale. Per il secondo giorno consecutivo i 10.000 poliziotti turchi mobilitati per l'occasione  non hanno esitato a utilizzare idranti, gas lacrimogeni e veicoli blindati per disperdere i manifestanti. La stessa situazione si era creata alla fine di settembre al vertice del G20 a Pittsburgh, dove le anche proteste contro questa versione allargata del G8 erano state represse dalla polizia.

Il FMI e la Banca Mondiale hanno tenuto la loro riunione annuale pochi  giorni dopo la controversa decisione del G20 di modificare il diritto di voto in entrambe le istituzioni: il 5% delle quote nel FMI e il 3% dei diritti di voto nella Banca Mondiale devono essere trasferiti ai cosiddetti Paesi emergenti da qui a gennaio 2011. Il sistema attuale è sempre più discusso, sia dai Paesi del Sud che dai movimenti sociali. Questo sistema si basa sulla regola "1 dollaro, un voto", all'opposto del sistema dell'Assemblea Generale delle   Nazioni Unite nel quale ogni Paese è rappresentato da un voto.

Per il direttore del FMI, il socialista francese Dominique Strauss-Kahn, si tratta di una "decisione storica". Ma per il CADTM non è che un bieco trucco. In realtà questo trasferimento non altera l'equilibrio di potere all'interno delle due istituzioni. Per esempio la Cina, che sarà un importante beneficiario, ha oggi circa il 3% dei diritti di voto, molto meno degli Stati Uniti che possiedono più del 16% dei voti, cosa che garantisce di fatto un diritto di veto su tutte le decisioni importanti. Il gruppo del Ruanda, che include 24 Paesi dell'Africa Subsahariana e rappresenta 225 milioni di persone, possiede l'1,39% dei diritti di voto! Non c'è bisogno di essere un matematico esperto per capire che queste pseudoriforme pompate dai media non trasformeranno la Banca Mondiale o il FMI in organizzazioni democratiche. E potranno mai diventare democratiche, dato che l'attuale sistema non si può cambiare senza il consenso degli Stati Uniti? Un'altra aggravante: a partire dal 1944 il presidente della Banca Mondiale è sempre stato un cittadino degli Stati Uniti, mentre il direttore del FMI è sempre stato un cittadino dell'Unione Europea in virtù di una regola non scritta. Questa spartizione dei poteri, in combinazione con la distribuzione profondamente antidemocratica dei diritti di voto, dimostra che il FMI e la Banca Mondiale sono strumenti in mano alle potenze occidentali per imporre al resto del mondo politiche funzionali ai propri interessi.

Dopo aver attraversato una grave crisi di legittimità, la Banca Mondiale e il FMI hanno perso un altro po' di vita a causa della crisi mondiale. Tra il 2004 e il 2008 l'aumento significativo dei prezzi dei prodotti di base ha incrementato le riserve monetarie di alcuni Paesi in via di sviluppo che hanno approfittato di questa opportunità per pagare in anticipo i debiti con i loro creditori, liberandosi così della loro invadente tutela. Tuttavia, dalla fine del 2008, l'aggravamento della crisi mondiale ha cambiato radicalmente la situazione. La lista dei Paesi colpiti dalla crisi continua a crescere e il G20 ha messo il FMI e la Banca Mondiale al centro del gioco mondiale. Così, sotto la pressione del FMI, la Romania ha dovuto mettere in atto politiche regressive come la riduzione brutale del 15% dei salari dei funzionari pubblici in cambio del denaro per superare la crisi a breve scadenza. Dal 2008 quindici Paesi hanno sofferto la stessa sorte. La Banca Mondiale, nel frattempo, ha beneficiato della crisi ambientale tramite la creazione di nuovi fondi di investimento climatico, mentre continua a finanziare progetti minerari e di deforestazione. Anche durante il 2008, le risorse destinate allo sviluppo  dell'energia pulita sono stati 5 volte inferiori a quelli destinati alle energie non rinnovabili, che sono cresciuti del 165% |1|.

Poi il G20, autoproclamatosi "organo regolatore globale", ha giocato un ruolo decisivo nell' intento di rilegittimare il FMI triplicando le sue risorse finanziarie a Londra nell'aprile scorso e ampliando la sua missione dopo il vertice di Pittsburgh. Il FMI è ben posizionato come sorvegliante nel cuore dell'economia mondiale "per promuovere la stabilità finanziaria internazionale e riequilibrare la crescita". A Istanbul si è concordato di "rivedere il mandato del FMI per affrontare tutte le politiche macroeconomiche e le politiche correlate al settore finanziario che influiscono sulla stabilità dell'economia mondiale" |2|. Pertanto "formulerà raccomandazioni politiche ai vari Paesi, che dovranno adottare misure correttive adeguate". Non è difficile intuire quali saranno queste raccomandazioni. Il FMI ha dichiarato, nel giugno 2009, in merito alle politiche adottate nella zona euro, che "le misure adottate per supportare la riduzione dell'orario e incrementare le prestazioni sociali -se pure sono importanti per aumentare i redditi e mantenere il funzionamento del mercato del lavoro- dovrebbero essere reversibili" |3|. Il rapporto "Doing Business 2010" della Banca Mondiale è ancora più esplicito, dato che avverte i Paesi di non adottare programmi di assistenza sociale e definisce i governi che li attuano come non "competitivi" [4]. Nonostante i suoi ripetuti fallimenti, il Consenso di Washington, una specie di manuale del neoliberismo, continua pertanto ad essere l'ordine prescritto dal FMI e dalla Banca Mondiale per i Paesi che chiedono il loro "aiuto".

Tuttavia il costo derivante dal fallimento delle politiche di aggiustamento strutturale imposte ai Paesi del Sud dopo la crisi del debito del 1982 è stato proibitivo: la povertà e la disuguaglianza si sono aggravate, mentre il problema del debito è ancora ben lontano da una soluzione. Peggio ancora, una nuova crisi del debito è in gestazione, cosa che aumenterà ulteriormente la percentuale dei bilanci nazionali destinata a rimborsare i creditori. Questo avverrà a meno che i governi decidano di sospendere il pagamento del debito per dare priorità alla soddisfazione dei bisogni umani fondamentali e mettano in atto una revisione generalizzata dei loro debiti per cancellare, in modo incondizionato, la parte illegittima del debito, quella di cui la popolazione non ha beneficiato. Questo sarebbe un primo colpo alle funeste politiche del FMI e della Banca Mondiale, di cui dobbiamo continuare a chiedere l'abolizione e la loro sostituzione con istituzioni che lavorino a beneficio delle persone.
Note:
La galleria di DSK a Istanbul

Dominique Strauss-Kahn, detto DSK,  direttore del Fondo Monetario Internazionale, apre la sessione plenaria dell'assemblea annuale dell'FMI e della Banca mondiale al Centro Congressi di Istanbul, il 6 ottobre.


Da sinistra, 
Ali Babacan, vice-Primo ministro turco, il presidente del Consiglio dei Governatori della BM, Robert Zoellick, presidente della BM, Recep Tayyip Erdogan, Primo ministro turco, e DSK.

Da sinistra, DSK, Youssef Boutros-Ghali, ministro delle Finanze egiziano e presidente del Comitato finanziario e monetario internazionale, Mahmoud Mohieldin, ministro egiziano degli Investimenti, e Robert Zoellick, dopo la firma dell'accordo sullo svolgimento del prossimo summit FMI/BM in Egitto nel 2012.

DSK con i rappresentanti della Repubblica Dominicana Juan Temistocles Montas Dominguez, segretario di Stato per l'Economia, la Pianificazione e lo Sviluppo, Vicente Bengoa, ministro delle Finanze, e Hector Valdez Albizu, governatore della Banca centrale, dopo la firma di un accordo per un prestito di 1,7 miliardi di dollari alla Repubblica Dominicana.


Con Ahmed Ben Mohamed Al Khalifa, ministro delle Finanze del Bahrein.


Con Amado Boudou, ministro delle Finanze argentino. L'Argentina non ha ancora deciso se autorizzerà un controllo contabile dell'economia del paese da parte del Fondo Monetario Internazionale.

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