giovedì 17 dicembre 2009

Attualità di Sandokan


di Alfonso SASTRE, 19/11/2009. Tradotto da Massimo Marini, Tlaxcala
Originale da: Actualidad de Sandokan


Sastre accende la luce e compare la sua ombra.
Sastre. - Guarda, Ombra, cosa dice questo analista politico, Agustín Velloso.

Ombra.- (che non lo vede) Dove?

Sastre.- Sì, dai: qui, su Kaos en la Red. Guarda, guarda.

Ombra.- Vediamo.

Sastre.- (leggendo) «Ah, i pirati! Come suona bene questa parola e che ricordi ci riporta dell'infanzia»; e compie all'istante una riflessione molto acuta e chiarificatrice.

Ombra.- Sui pirati attuali, suppongo?

Sastre.- E perché li chiami pirati?

Ombra.- Tutto il mondo lo fa.

Sastre.- Beh... puoi anche leggere, tra gli altri, il commento di Joaquín Sempere su «Público», lo scorso 26 ottobre. Così cominceresti a renderti conto di questo fenomeno che Emilio Salgari avrebbe intitolato «I pirati dell'Oceano Indiano», o «I pirati somali» o, meglio ancora, «I pirati del Corno d'Africa». 
Ombra.- E che c'entra Salgari in tutto questo? 
Sastre.- C'entra che egli trasformò Sandokan in un gran personaggio letterario. Sandokan, ossia un pirata, un «terrore dei mari», che appare come un grande eroe nei suoi romanzi!

Ombra.- Lei dice che «lo trasformò in un personaggio». Perché, è stato una persona reale?

Sastre.- Così  ci assicura il romanziere nelle sue Memorie, che non poté terminare poiché si suicidò a Torino. Egli, nei suoi viaggi, aveva conosciuto Sandokan e non solo lui, ma anche Tremal-Naik, il portoghese Yanez, Kammamuri... pirati tutti loro, e grandi personaggi con i quali ho convissuto nella mia infanzia. Per questo ho cominciato da qui: dal ricordare quanto ad alcuni di noi suoni bene la parola pirata.

Ombra.- Lo so, lo so. Sandokan era un pirata e a lei questo piace. Ma agli arrantzales, i pescatori baschi, che sono stati prigionieri, non piacerà, e forse manderanno improperi alla sua famiglia poiché lei ha difeso i pirati.

Sastre.- Che vuoi dire? Io desideravo la libertà immediata per quegli arrantzales! Ma, per farlo, ho cercato anche di pensare alle cause di quel che sta accadendo in quella regione. Questo è tutto.

Ombra.- I pirati, secondo lei, sono stati eroi della sua infanzia; e io so che lo sono stati anche il Corsaro Nero (sempre di Salgari) e il Capitano Nemo (di Jules Verne), che pure fu un pirata, sebbene subacqueo, e...

Sastre.- In realtà, i pirati molte volte non sono stati, come dicono i dizionati, meri «predoni del mare», ma combattenti politici al servizio delle loro cause patriottiche. Ricordati che nel XVI secolo, per fare un esempio, i pirati turchi e algerini e berberi del Mediterraneo erano combattenti della guerra tra quei due grandi imperi che erano l'Ottomano e lo Spagnolo. Il gran Cervantes ne seppe qualcosa di questa gran lotta, perché venne catturato quando tornava in Spagna su di una nave dopo essere rimasto monco nella battaglia di Lepanto, che egli chiamò «il più grande evento che videro i secoli», e si fece qualche annetto nelle prigioni («i bagni») di Algeri, finché la sua famiglia non poté racimolare il denaro che chiedevano per il suo riscatto.

Ombra.- Com'è  tutto complicato!

Sastre.- È... complesso, come si suol dire. (Pausa; pensoso) La Pirateria è stata, nella Storia, molte cose; anche un veicolo di protesta contro le ingiustizie dei potenti. Cara Ombra, Sandokan era un militante politico-militare, un guerriero contro l'onnipotenza mondiale dell'impero Britannico. Un combattente anticolonialista, detto in termini attuali.

Questo ti può  ricordare, se lo hai letto a suo tempo, che Chomsky ci ha detto qualche anno fa che per un certo pirata del IV secolo a. C. la differenza tra un pirata ed un imperatore consiste nel fatto che il pirata ha una sola nave e, l'imperatore, molte.

Ombra.- Allora ne deriva che...

Sastre.- Aspetta, aspetta. Ci sono anche stati – e ci sono– pirati  al servizio degli imperatori.

Ombra.- E Sandokan?

Sastre.- Sandokan non era al servizio di nessuna potenza. La sua nave si muoveva da sola – la muoveva Sandokan– contro l'occupazione inglese: insomma, non lo faceva sotto la protezione e la bandiera di una nazione o di un potente stato. Egli era solo dinanzi al pericolo. Cioè, solo con i suoi collaboratori e con i suoi «tigrotti di Mompracem», e soprattutto con le sue ragioni e la sua passione contro l'Impero dei Mari, che allora era l'Inghilterra.

Ombra.- Vediamo se si spiega un poco, senta. Per cominciare: vale la definizione che è stata fatta un momento fa: «predoni dei mari»? Rapinatori umidi o qualcosa del genere? Ladruncoli lessi?

Sastre.- (affermativo e critico) Ma questo non vuol dire niente contro di loro, trovandoci come ci troviamo in un mondo di grandi pirati ben vestiti e incravattati, dietro le scrivanie dei loro opulenti uffici; ovvero in un mondo nel quale, come diceva Proudhon, la proprietà è un furto. In un mondo, insomma, nel quale in definitiva i grandi pirati sono gli imperatori. Ciò che ho appena detto è anche «pensiero gitano», per così dire. Ma tornando ai nostri pirati è certo che tra di essi vi sono «ladruncoli» propriamente detti ma lo è altrettanto che, sotto l'appellativo di pirati, ci sono movimenti di difesa e di resistenza dei deboli verso i forti.

Storicamente possono definirsi così, io credo, le differenti specie, secondo la definizione delle loro azioni o la loro localizzazione geografica: Corsari erano coloro che navigavano con una «patente di corsa» delle grandi potenze che cercavano di dominare il mare con qualcosa in più delle loro stesse squadre ufficiali. Sir Francis Drake è un prototipo di corsaro, in questo caso inglese. Quella patente lo autorizzava, per esempio, a depredare i galeoni spagnoli nell'Atlantico. A loro modo combattevano contro l'impero spagnolo. Filibustieri era il nome che si dava loro nelle Antille, e combattevano soprattutto al servizio di Olanda, Inghilterra e  Francia.  Lottavano «per l'emancipazione delle province ultramarine della Spagna»; così li definisce il Diccionario de la Real Academia Española. In quanto ai bucanieri, era un altro nome per i filibustieri, che vengono definiti nel DRAE come «pirati dei secoli XVII e XVIII, dediti al saccheggio dei possedimenti spagnoli d'Oltremare».

Ombra.- Tutto questo se l'è ricordato ora, con ciò che sta accadendo nell'Oceano Indiano? Quelle letture infantili... Me lo ricordo io, quando eravamo piccoli, e leggevamo «Le tigri della Malesia», «Il Corsaro Nero», «L'isola del tesoro», o quel pirata così saggio che è il capitano Nemo di «Ventimila leghe sotto i mari»...
Sastre.- In quanto al capitano Nemo, la sua condizione di pirata viene oscurata dalla sua vocazione di scienziato e studioso delle profondità marine e della loro zoologia. Ma sì, lui è – nell'immaginazione di Verne– un combattente contro l'impero britannico che si rifornisce dell'oro di alcuni galeoni spagnoli affondati nella baia di Vigo nel XVI secolo e che aiuta la lotta per la liberazione del suo paese. Ciò si svela quando nelle acque di Ceylon difende un povero pescatore di perle indiano lottando strenuamente, pugnale in mano, con uno squalo che è sul punto di uccidere il povero pescatore, e poi regala a questi un sacchetto di perle, spiegando dopo ciò che ha fatto ai suoi ospiti forzati: «quell'indiano, professore, è un abitante dei paesi oppressi e io sono ancora, e lo sarò fino all'ultimo respiro, cittadino di quei paesi».

Ombra.- Va bene, va bene... Ma tutto ciò è letteratura e ora c'è una realtà  molto seria e grave, no?

Sastre.- Letteratura e realtà! La letteratura, Ombra mia, è anche politica. Tu hai citato «Il Corsaro Nero», pure di Salgari. Nella sua edizione spagnola del 1955, la casa editrice ha soppresso tutto il capitolo 15 perché Salgari in esso spiegava cos'era il «filibustierismo», di modo che la bella missione «civilizzatrice» della Spagna in America era vittima, secondo gli editori, della leggenda nera antispagnola. E così hanno soppresso il capitolo, e viva la Spagna.

Ombra.- L'Olanda e l'inghilterra hanno operato meglio le loro colonizzazioni?

Sastre.- No, no, certo che no, ma quello è un altro argomento. In realtà si è  sempre trattato di lotte tra imperialismi, tra colonialismi. Tornando alla realtà attuale che non è letteratura, ora ci ritroviamo, sulla situazione delle acque dell'Oceano Indiano, informatori e analisti seri come Johann Hari, giornalista de «L'independent» con la sua collaborazione per «The Huffington Post» del 4-1-2009; secondo lui, la vita in Somalia è un orrore tinto di sangue e di miseria. Quel paese è oggetto di ogni tipo di oltraggio, tra cui il fatto che i suoi mari si stanno trasformando in secchi d'immondizia e la loro pescosità si sta esaurendo. Lì, i cosiddetti «pirati» hanno cercato e cercano di generare movimenti di difesa di fronte al saccheggio che stanno subendo i torturati abitanti di quel paese, e le azioni di questi «pirati» vengono appoggiate dal 70% della popolazione, che le considera «una forma di difesa nazionale delle acque territoriali del paese». (Warders News). Questo dato del 70% di appoggio è apparso in Internet, sul «sito somalo indipendente», ed è molto verosimile.

Per Joaquín Sempere, i cosiddetti «Guardacoste Volontari della Somalia» –oggi «i pirati»– esprimono questa situazione, che è effetivamente terribile soprattutto per loro e hanno cercato, prima di essere «pirati», di «negoziare con pescherecci stranieri affinché smettessero di pescare o pagassero una tassa per continuare a farlo, tentativi che sono falliti», e «l'esito finale è stato che oggi viene qualificata come pirateria somala». In realtà, questo fenomeno è della stessa indole di quello che si manifesta quando i grandi poteri politici «condannano il terrorismo» e firmano queste condanne con le mani piene del sangue dei popoli da loro oppressi.

Ombra.- Bisognerebbe partire da riflessioni come questa per giudicare quel che sta accadendo nell'Oceano Indiano. No, capo?

Sastre.- Si, Ombra. Bisognerebbe partire dalla verità.

Ombra.- (sospirando) Ma, chi lo fa? Ahimé!

Sastre.- C'è  chi lo fa, sì, cara mia, e noi ci siamo basati proprio su alcune delle loro testimonianze e riflessioni per realizzare la nostra conversazione di oggi.

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